Critical fragments
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About concerts, and excerpts from essays and profiles
[…]
compositore di significativo spessore creativo, dotato di una solida
personalità compositiva, in qualche modo riconducibile a una poetica di
ascendenza noniana […] È l’espressione di una contemporaneità vitale, che
mentre consolida atteggiamenti stilistici portanti del secondo ’900, non si
adegua al manierismo, al già detto, ma intraprende canali nuovi di comunicazione
musicale, a dimostrazione di una ricca e variegata direzione linguistica della
musica d’oggi.
Roberto Favaro, in programma di sala del
Festival
“L’Officina Musicale”, Cinisello Balsamo (Italia), 18 marzo 2003
Hablar de
la estética musical de este importante artista italiano, irremediablemente nos
debe remitir a su notable lenguaje poético; ya que Osvaldo Coluccino primero ha
sido un gran poeta y después se ha convertido también en un novel y prominente
compositor musical. Conocemos del poeta su interés por la palabra cuando brota
del silencio, como conocemos del compositor su interés por el silencio cuando
surge del sonido. Ese sonido íntimo, vago y taciturno, que el autor serenamente
alquimiza en reflejos de colores, alturas, timbres, palabras y silenzios que
reposan en la nada.
Ramón Montes de Oca, in notas al programa
del “Festival Cervantino”, Guanajuato (Mexico), octubre 2004
[…] Come
compositore si sottrae a ogni classificazione per cercare e trovare una sua
eleganza di stile trasversale al molteplice musicale andato oltre la nuova
musica dei due decenni dopo la seconda guerra mondiale. Di qui […] una musica
di singolare fascino, coinvolgente […]
Luigi Pestalozza, in libretto illustrativo
del Festival “Incontro con le musiche”, Forlì (Italia), aprile 2005
[…] poeta
e compositore, sembra richiamarsi al tempo statico di Feldman e dell'ultimo
Nono. È una voce che parla con discrezione, con una sottigliezza delicatamente
iterativa.
Mario Messinis, Biennale Musica,
in “Il Gazzettino”, Venezia (Italia), 11 ottobre 2007
[…] Sein
Werkkatalog enthält Kompositionen, deren eigenständige kompromisslose Ästhetik
von Anfang an fertig ausgeprägt erscheint. Ein Weg zum Verständnis dieser
plötzlich eingetretenen reifen Eigenständigkeit und extremen Strenge in
Coluccinos Musik führt über die Beschäftigung mit seinem literarischen
Schaffen. […] Coluccino schreibt äußerst ausgewogen, bedachtsam, konzentriert
auf das Wesentliche und definiert präzise jedes Detail, so als ob von der Wahl
jeder Tonhöhe, jedes Intervalls, jeder Klangfarbe das Gelingen des Ganzen
abhinge. Die so definierten Klangobjekte sind in Stille eingesenkt, in einen
statischen, geheimnisvollen Raum, in dem die Bewegung des Alltäglichen
aufgehoben ist. […] denn Coluccino behält stets die Kontrolle über seine
Formverläufe, und Knappheit entsteht bei ihm aus einem Bedürfnis nach
Konzentration auf das Wesentliche. Deshalb auch lotet er den Klang innerhalb
eines dynamischen Bereiches aus, der nur sehr selten das Mezzopiano übersteigt,
so dass magische Wirkungen entstehen, ein Effekt der alchimistischen
Verwandlung seines ausgedünnten, ausgetrockneten Tonsatzes. Daraus entstehen
verborgene Spannungen, festgehalten in einer Unbeweglichkeit, die jedoch
unvorhersehbaren und unkonventionellen Formverläufen nicht im Wege steht.
Manchmal spielen seine poetischen Titel auf diese Formen an. […]
Paolo Petazzi, Alchimistiche Verwandlungen. Der italienische Komponist
Osvaldo Coluccino, in “Takte”, 2/2008, Bärenreiter, Kassel
(Deutschland), 2008
L’impercettibile
passaggio ai confini dell’inaudibile […] sorta di “elogio a un’ineffabile
presenza”. L’entità che sfugge alle maglie di un’espressione esplicita è lo
stesso suono, evocato per tinte tenui e sfumate che sembrano colare
dall’esterno, da un oltre che si materializza sulle zone liminari della
cornice, dell’ “orlo”. È, come scrive lo stesso compositore, un «guadagnarsi la
lateralità», per dare voce, con delicatezza, a «una linea perimetrale
circumnavigante», alla «dolcezza di un filo che devia già al suo scaturire, si
allarga ai margini per poi ammantare». […] L’atmosfera è (e)statica: nel flusso
di un suono comunque continuo – la cui eco vibra oltre le pause – emergono poli
di attrazione armonica, unisoni che sembrano marcare i margini della tela
sonora, rare increspature ritmiche e ombre microtonali. L’economia è il dato
che più colpisce in questa pagina cameristica [Voce d’orlo] in cui ogni altezza (sia essa sfiorata o scandita) ha
il suo peso e la sua posizione specifica […]
Angela Ida De Benedictis, Tele sonore e ricami immaginari tra naufragi
e (nuove) strutture, in Suoni
dall’Europa, 17° Festival di Milano Musica 2008,
Edizioni del Teatro alla
Scala, Milano (Italia), ottobre 2008
[…] Ho
conosciuto Osvaldo diversi anni fa e dato vita ad una sua prima esecuzione con
il Duo Koncreta per flauto e pianoforte attivo in quegli anni; lo avevo
invitato a scrivere per me proprio perché, conoscendolo, avevo da subito
individuato in lui una forte personalità musicale. Per darvi un'idea del
compositore, la musica di Osvaldo riesce a garantire il fluire del suono in
un'atmosfera rarefatta ed apparentemente statica, in cui però ogni pausa, ogni
silenzio, assume una valenza significante assoluta. Il piacere del collaborare
con Osvaldo è stato il verificare che ogni increspatura ritmica, ogni scelta
microtonale, ogni altezza aveva un suo peso specifico nella sua creatività,
garantendo profondità e specificità al suo lavoro. […]
Rossella Spinosa, Osvaldo Coluccino per Italy&USA,
in “Amadeus Online”, Milano (Italia), 16 maggio 2011
in “Amadeus Online”, Milano (Italia), 16 maggio 2011
[…] Coluccino è un compositore e poeta la cui ricerca
radicale fa diventare il suono pianistico estremamente trasparente e
rarefatto […]
Alfonso Alberti, intervistato in Talenti
d’oggi,
in “Classic Voice”, Milano (Italia), maggio 2011
in “Classic Voice”, Milano (Italia), maggio 2011
Cinque nomi della musica contemporanea […] sono stati
scelti per questo concerto […]. Giacomo Platini, Sylvano Bussotti, Osvaldo
Coluccino, Mathias Pintscher, Gérard Pesson, ciascuno in relazione alla sua
generazione, sono, oggi, tra i compositori più interessanti; sono musicisti che
soprattutto oltralpe hanno saputo trovare un appassionato pubblico e attente
istituzioni. […] tutti loro, in qualche modo,
sono accomunati da un linguaggio ricolmo di volontà comunicativa, di forte sostanza formale, sempre intrecciata a preziose raffinatezze. Nella nostra profonda spaccatura fra musica
leggera e musica cosiddetta colta, questi musicisti si situano come alfieri di
una ricerca e una novità mai fine a se stessa, mai autoreferenziale: per
l’antico e sempre attuale rito di una
Presenza che si disvela, di un ignoto che appare, filtrato da da un’attenta
coscienza storica modellata da profonde emozioni. […] Se vogliamo avvicinare o
approfondire queste musiche, non abbiamo scelta: ad una ricezione banale e passiva –
fondata solo sul divertimento – dobbiamo sostituire una ricevzione impegnata
e attiva, in un attento lavoro intellettuale. […] Il concerto di oggi ha dunque
un doppio merito: quello di proporre musiche importanti, per risvegliare le
nostre coscienze, e quello di accompagnare l’esecuzione di ciascun brano con
immagini tratte da alcuni capolavori dell’arte contemporanea, secondo questi
accostamenti: Coluccino – Burri; Platini – Kiefer; Pesson – Penone; Pintscher –
Twombly; Bussotti – sua partitura; per un libero gioco di analogie e rimandi,
secondo gli antichi rapporti tra arte e musica […]
Paolo Repetto, L’Infinito attuale. Cinque compositori nel presente,
in libretto
del Festival “Antidogma”, Torino (Italia), 5 giugno 2012
[…] versante
della musica d’oggi non soltanto italiana che, rimembrandoci l’Oltre l’avanguardia. Un invito al molteplice
di Armando Gentilucci, si muove in avanti in pieno libero andare oltre ogni
ordine compositivo anche di nuova musica, così comunicando che la musica vera,
cioè fuori dal e dunque contro il conformismo generale ma quindi musicale, si
porta dentro l’apertura oltre ogni chiusura, oltre l’ordine oggi fattoci vivere
senza possibilità di cambiamento, in quanto concepito e imposto come fine della
storia […] un lavoro di particolare fascino, tutto assolutamente suo, dove la
musica suona sospesa sopra di noi, come le trasparenti nubi bianche nel cielo
azzurro, in movimento senza confini, che ci dicono che nella natura non ci sono
tempo e spazio definiti. Ovvero noi, uomini reali che ascoltiamo Osvaldo
Coluccino, non siamo imprigionati in una definizione. […]
Luigi Pestalozza, in programma di sala del Festival
“Gli Amici di Musica/Realtà”, Milano (Italia), 18 febbraio 2014
L’attribuire
un senso specifico agli oggetti e alle relazioni che ci circondano non è un
esercizio di allenamento della mente, ma una virtù posseduta da chi, in quegli
oggetti e relazioni, riesce a scoprirne l’anima (in una situazione in cui
l’anima non sembra poter apparire). Il senso dell’arte è spesso correlato alla
capacità di poter vedere qualcosa che gli altri non vedono. Se vi avvicinate
a Osvaldo Coluccino (1963)
e alla sua musica, vi renderete conto di quanta sensibilità, attenzione e
profondità essa trasmetta. […]
La
principale associazione che vi propongo per entrare nella sua musica è quella
di farvi un ripasso sulle opere del pittore Piero della Francesca e su quelle
pianistiche che seguono quel sottile filo conduttore che lega Webern, Messiaen
e Feldman: se prendete tutta la produzione per archi di Coluccino (rinvenibile
in una raccolta per Neos come String Quartets) e le esplorazioni di
Stanze al pianoforte solo (rinvenibili in 12 elucubrazioni su Col Legno
con l’esecuzione di Alfonso Alberti), ritroverete come d’incanto alcune delle
tematiche sviluppate da quegli artisti. La più grande riflessione che Coluccino
ha trasfuso nella musica è stata quella introitata dai dipinti di Della
Francesca in Leggenda della Vera Croce, effettuati nella Cappella
della basilica di S. Francesco ad Arezzo: di fronte alla visione degli
affreschi noterete una struttura globale con tema a più dipinti, con plurime
colorazioni e senso della prospettiva (Piero della Francesca era anche un
matematico), ma grazie ad un adeguato stare in visione si viene catturati dai
volti dei partecipanti che sono in grado di aprire un panorama di riflessioni:
seri, solenni, immobili e impassibili, con una posa che non ha la pretesa di
creare un effetto mistico, questi attori del dipinto restituiscono
all’osservatore un’impensabile volontà di dialogo e comunicazione. Quanto ai
pianisti succitati si entra nel novero dei fantastici depositari del tempo,
templi della sua cristallizzazione sonora o del suo annullamento, teso
all’abbattimento dei confini dei suoi estremi.
L’opera
di Coluccino segue un rigoroso filo logico, solo a lui ascrivibile, che coglie
le particolarità oggettive dell’intimo, descrive un luogo consueto della nostra
vita dopo adeguata interrogazione delle sue proprietà: la struttura portante
della sua musica è continuamente tenue ed evanescente, ma non perde in sostanza;
in Attimo il quartetto d’archi copre una gamma sentimentale atonale
capace, nelle sue sfumature tra accordi e note, di evocare stati di luce
soffusa, una luce che inquadra; in Aion si è rapiti dal mistero,
dalla leggera oscurità e dagli archi che simulano in maniera perfetta gli
effetti del soffiare; in Talea la tensione complessiva è
magnificamente costruita su alcune tecniche non convenzionali e sulla potenza
dell’immedesimazione (superbe le esecuzioni del Quartetto d’archi del
Teatro la Fenice). I 12 componimenti a lunghezza variabile di Stanze suddividono
12 momenti musicali in cui riconoscere le entità che ci appartengono,
oggettivandole con dei suoni liberi che siano in grado, tramite la loro
morfologia, di fissare un valore o dare un significato a ciò che ci circonda:
in breve un rinnovato ordine di produzione del puzzle del dipinto di Della
Francesca, senza sistemazione temporale, seguendo solo quello delle armonia
delle immagini. Coluccino, stilisticamente parlando, trasmette comunque
differenze rispetto all’arte richiamata: non c’è astio né complessità, né
tantomeno ripetizioni; la musica prende corpo nelle sue espansioni. […] Gamete
Stele è la conferma che la stessa intimità ricavata nel sussurro o
nella calma quasi sconfinata di un pianoforte o di un viola, si può ritrovare
nel “chiasso” di un ensemble di almeno 9 elementi.
Ettore
Garzia, Suoni della contemporaneità
italiana: Osvaldo Coluccino,
in
“Percorsi Musicali – Pensieri sulla musica contemporanea”, Italia, settembre
2016
[…]
La terza sera è ancora radicalità. Area Sismica non dà tregua. E scoppia il
“caso Coluccino”. Il cinquantatreenne compositore Osvaldo Coluccino è
protagonista del concerto dell’Ex Novo Ensemble. In tre brani del suo ciclo di
Emblemi, scritti tra il 2009 e il 2015, due in prima assoluta, agisce con tenui
suoni lunghi ai confini del silenzio, suoni appena modulati, ma con una sorta
di esitazione, solo per accennare l’oscillazione melodica possibile. Forse sta
in un ultramondo, forse intende far circolare in questo mondo l’intelligenza
estrema e una inconciliabile discrezione. Gli fanno da gustosissimo contorno
lavori di Giacomo Manzoni, Renato Miani, Giacinto Scelsi, Bruno Maderna […]
Mario
Gamba, Contemporaneo Italiano,
in “Il
Manifesto”, Roma (Italia), 29.11.2016
[…]
l’ensemble Exaudi file la thématique de l’amour, de la séparation et de la mort
avec les madrigaux de Monteverdi (“Ô
printemps gracieux”, “Mon cœur, tandis que je te regarde”) et ceux, plus
théâtraux, de Gesualdo (“Si c’est ma mort
que tu veux”, “De grâce, comme en
vain je soupire”), un répertoire à cinq voix dirigé par James Weeks, qu’il
chante avec la couleur et la flexibilité vocale qu’induit cette écriture
raffinée. De même, la délicatesse affleure dans les pièces récentes des deux
compositeurs italiens présents ce soir. La tension expressive passe par le
dépouillement et la retenue dans “Scomparsa”
(Disparition) d’Osvaldo Coluccino […]
Michèle
Tosi, Dedans, déhors à l’Abbaye de
Royaumont,
in “ResMusica – Musique classique et danse”, Paris (France), 14.9.2018
[…]
Le Festival de Royaumont se poursuit avec une nouvelle rencontre entre nature
et spiritualité, baroque et contemporain, par l’Ensemble vocal Exaudi […] Deux
pièces contemporaines de quinquagénaires italiens, données en création
française, s’intercalent entre les madrigaux dont ils puisent la qualité
polyphonique (le quintette redevenu sextuor et dirigé) […] De belles stases
tout aussi rayonnantes portent une double résonance sur “Scomparsa” d’Osvaldo Coluccino qui sonne longue et ample sous les
voûtes en ogives du réfectoire.
Charles
Arden, Amours éternelles, espaces
magiques au Festival de Royaumont,
in
“Ôlyrix – Tout l’Opera est là”, Nogent-sur-Marne (France), 14.9.2018
[…]
deux madrigaux de Monteverdi, “O
primavera, gioventu dell’anno” et “Sfogava
con le stelle”, affirment les qualités de l’ensemble Exaudi, ciselant les
mots et leurs couleurs avec une pureté […] dans une attention aiguë à la
quantité de silence dans l’émission vocale, que l’on retrouve dans “Scomparsa” (2007) d’Osvaldo Coluccino,
après deux pages de Gesualdo, “Se la mia
morte brami” et “Deh, come invan
sospiro”, théâtre intime traversé d’âpretés que l’on entend différemment
ici, hors du formal historique – ce qui vaut également pour le “Rimanti in pace” final de Monteverdi.
Sous la direction de James Weeks, les cinq chanteurs d’Exaudi célèbrent le sens
de la décantation expressive.
Gilles
Charlassier, Création mondiale d’Heave de
Sivan Eldar. Les ensembles
Exaudi et Meitar jouent Coluccino, Cengiz Eren, Elkana, Fedele,
Hurel, Lanza, Leroux
et Pagliei, in
“Anaclase – la musique au jour le jour”, Paris (France), 26.10.2018
Il Festival di Musica Contemporanea Italiana torna
alla casa madre. Ed è giusto così, perché lì è nato e lì si respira
quell’ambiente frizzante, alternativo e informale che calza perfettamente con i
suoni che vengono programmati con una lungimiranza culturale, tra utopia e
visionarietà, che poche realtà musicali italiane possono vantare. Questo è Area
Sismica: un avamposto della musica d’oggi nella campagna forlivese. [...] è una
conferma anche quella offerta dal pianoforte di Fabrizio Ottaviucci che propone
di Osvaldo Coluccino Stanze 3-4-5-10-12
(2004-2011). Un incontro mistico-filosofico che si ripete tra un autore e un
esecutore che condividono sensibilità vicine, amore per il silenzio, movimenti
minimi, spazi bianchi, suoni stoppati. Anche questa un’esecuzione di notevole
apertura mentale, concentrazione, tra sospensioni che lasciano nello spazio un
senso dolciastro di incompiutezza.
Paolo Carradori, Area Sismica, a
lezione di contemporanea,
in “Il Giornale della Musica”, Torino (Italia), 28.11.2018
[…] il pianista Ottaviucci ormai favoloso […] questo
festival ha dato risposte anche sul versante dei compositori, non tanto per le
meraviglie di Luciano Berio, Salvatore Sciarrino […] la cui notorietà è
consolidata, quanto per la “scoperta”, che poi è un “riscoperta” proprio nelle
cave dell’Area Sismica, di un portento di nome Osvaldo Coluccino. Dove si
nasconde un autore di così grande levatura e perché il suo nome non circola
dalla mattina alla sera tra i musicofili e sui giornali e tv e ogni altro mezzo
di comunicazione?
Cinque delle sue Stanze per pianoforte, un ciclo
scritto fra il 2004 e il 2011, sono state eseguite da Ottaviucci, che ha una
particolare sintonia con Coluccino (ma ce l’ha con Scelsi, con Cage, con
Curran…). Compositore di suoni che desiderano muoversi al confine del silenzio.
Di suoni che si intrattengono con l’idea di tenue assoluto ma poi scoprono che
l’assoluto non esiste e allora scelgono la fragilità come modo di agire, come
modo di essere ben dentro la costruzione di una piattaforma di simboli tra
l’autore e il mondo. Passaggi sugli acuti “disincarnati” e ricchi di echi,
itinerari di accordi che accarezzano ipotesi armoniche inaudite, una sorta di
“ballata requiem” nell’ultima Stanza tutta intessuta su una melodia
sorprendentemente cantabile.
Mario Gamba, Rivelazioni e
scoperte al Festival di Area Sismica,
in “Il Manifesto”, Roma (Italia), 4.12.2018
[…] Ha esordito come poeta nel 1992 su Annuario di poesia 1991-92 (di Crocetti editore), con versi brevi e concentrati; i tratti della sua attività letteraria, che poi sono quelli della sua personalità, della sua sensibilità e cultura, delle sue pulsioni e attrazioni, ovviamente si riscontrano anche in quella musicale. Come compositore manifesta una forte autonomia dalle correnti principali seppur riconducibile a quella dell’ultimo Nono, una musica sostanzialmente statica e spesso ai confini dell’udibile, sospesa in una timbrica rarefatta, interrogativa, basata sull’ambivalenza del significante, che porti a eventi sonori di confine [...] «Sento l’espressione artistica di spessore, in qualunque ambito essa attinga e con qualunque linguaggio e tecnica essa proceda, una cosa sola, conduttrice di un unico postulato, come valore pre-individuale. L’arte entra nella mia musica in modo trasversale, pseudo-subliminale. Il testo da me prescelto ha sempre una natura iper-musicale, ma, tengo a sottolineare, di una musica del senso ossia che contribuisca a far risuonare a più livelli, musica di un significante che tracimi dall’illusione della costipata comprensione razionale o della ricostruzione in un ordine consolatorio.» (Osvaldo Coluccino, Testimonianza, in Renzo Cresti, I linguaggi delle arti e della musica – L’e(ste)tica della Bellezza, Il Molo, Viareggio 2007).
L’essenza dell’arte precede ogni tipologia specifica dal punto di vista delle arti, dei linguaggi, delle forme e degli stili, è un quid universale che Coluccino tenta di lavorare con mezzi ed elementi trasversali, alla ricerca del senso profondo delle cose, quel senso che sta al di qua di ogni razionalizzazione e abbraccia l’uomo con il suo infinito interiore.
Renzo Cresti, Musica Presente – Tendenze
e compositori di oggi, LIM, Lucca (Italia), 2019
[…] [intervistatore:] «Dopo tanta musica ascoltata e suonata, che cosa sa ancora stupirla, farle dire “Oh” nella musica e nella musica per pianoforte?»
[Ottaviucci:] «Sempre più sono attratto dalla rarefazione. Non è il caso del programma Falde timbriche che attinge a opere della metà del Novecento. Oggi sento che il silenzio è sempre più protagonista. Un esempio di stupore in questo senso l’ho trovato nella musica di Osvaldo Coluccino, un musicista che sa incastonare il suono nelle maglie del silenzio, giocare con abilità con pieni e vuoti e valorizzare così la pregnanza di ogni nota e della sua intensa assenza. Contro la Retorica dei nostri giorni che eccede in ogni linguaggio: di parole, di note, di immagini.»
–, Le Falde timbriche di Fabrizio Ottaviucci al ParmaJazz Frontiere Festival,
in “Ginger Magazine – Stupore creativo”, Italia, 23 ottobre 2020
Pianist Jan Michiels has selected works by Furrer, Sciarrino and Kurtág that connect with the world premiere Rispecchiato in Quarzo by Italian composer Osvaldo Coluccino. A grandiose work in which the electronics are a radiant extension of the sounds of the piano: sensual, poetic and massive – the 21st-century answer to Luigi Nono’s …sofferte onde serene… These new piano works have found a champion as virtuosic as he is sensitive in the person of Jan Michiels.
Maarten Beirens, in the festival booklet,
“Transit Festival”, Leuven (Belgique) 2021
Langzaam glijden de handen van Jan Michiels na de laatste stanza van Osvaldo Coluccino van de toetsen naar de rand van het klavier. Zij vormen vuisten die rusten op zijn knieën. Het is volbracht, stilte en inkeer zijn tot het uiterste uitgepuurd. Het concert is ten einde, nu is er even niets.
Jan Michiels heeft bij zijn concert in het kader van Coluccino’s Rispecchiato in quarzo zijn sterkste kant kunnen tonen: perfectie in zachte tonen. Het concert bestond uit Coluccino’s wereldcreatie voor piano en electronics en het werd voorafgegaan en gevolgd door zijn stanzas die op hun beurt werden afgewisseld met composities van gelijkgestemde collega’s zoals Kurtág, Furrer en Sciarrino.
De term fluweelzacht is nog vele malen te grof om Michiels’ toucher te duiden. Soms klinken zijn tonen alsof de toetsen door engelen worden gekust. Hij respecteert volledig wat Coluccino onder een stanza verstaat: een ruimte in al haar gedaanten, reëel of imaginair. Bij Michiels manifesteert dat respect zich in een magistrale invulling van de ruimte tussen de noten. In zijn handen vullen de stiltes de ruimte, de noten lijken de stiltes te bewaken. Zijn voeten bespelen de pedalen met tienden van millimeters. De zachte tonen zijn bij hem zo minimaal dat ze ten dienste lijken te staan van de rust die erop volgt.
Het programma was gegroepeerd rond Coluccino’s wereldcreatie Rispecchiato in quarzo, een werk voor live piano en electronics, waarin de piano een dialoog aangaat met loops, drones, stadsgeluiden, machinaal geweld en machtige geruis. Ook hierin toonde Michiels zich de meester van het weinige. In sommige delen is de piano geprepareerd en worden de snaren beroerd door de handen en nagels van de live-pianist. Ook hier viel Michiels op met subtiele bewegingen van over de snaren stuiterende balletjes of strelingen met staafjes en kussentjes. Het stuk eindigt met Michiels die zich achteruitlopend verwijdert van de piano en hem van afstand onderzoekt en bewondert of, zo men wil, eer bewijst. Hier, maar ook in andere delen van het concert liet Jan Michiels zien dat hij één was met zijn instrument.
Wynold Verweij, De slow-hands van Jan Michiels,
Transit eert de piano als spiritueel medium,
in “Klassiek-Centraal.be”, Mechelen (Belgique), 24 oktober 2021
[…] Het hart van Jan Michiels’ recital wordt gevormd door het relatief lange ‘Rispecchiato in Quarzo’ van Osvaldo Coluccino. Het stuk bestaat uit een vooraf door Coluccino opgenomen elektro-akoestische partij en een door de pianist live gespeelde partij, waarbij zowel het klavier van de piano als het binnenwerk wordt ingezet. Met deze middelen creëert Coluccino een bijzonder spannende en bij vlagen onheilspellende klankwereld die gaandeweg het stuk steeds complexer wordt. De rest van het recital wordt gevormd door de acht delen ‘Stanze’ van Coluccino, die worden doorbroken met korte stukken van György Kurtág, Beat Furrer en Salvatore Sciarrino. Die acht ‘Stanze’ onderscheiden zich in deze recital door hun extreem ingetogen klankwereld. Zeer zorgvuldig en met veel gevoel voor timing doseert Michiels de delicate aanslagen, alsof er slechts flarden muziek klinken, verwaaiend in de wind. Het zijn de stukken van Kurtág en vooral die van Furrer en Sciarrino die zorgen voor de nodige dynamiek in deze recital, waarbij vooral in de twee ‘Notturno Crudele’ van Sciarrino het bijna industriële karakter opvalt. […]
Ben Taffijn, Transit Festival – Deel 2 (Concert Recensie),
in “Nieuwe Noten”, Amsterdam (Nederland), 24 oktober 2021
In het recital van pianist Jan Michiels staat Rispecchiato in quarzo van de Italiaanse componist Osvaldo Coluccino centraal. Michiels heeft dit werk voor piano en elektronica versierd met Coluccino’s intimistische cyclus Stanze en enkele werken van verwante componisten zoals GyOrgy Kurtág, Beat Furrer en Salvatore Sciarrino. Het is een rijk gestoffeerd concert waarin de confrontatie van grandioze met verstilling uitmondt in een nieuwe luisterervaring.
[…] Elektronica heeft vaak een kille bijklank. Maar bij Coluccino staat verdieping van de magie voorop. Elektronica maakt het mogelijk auditieve gren-zen, zoals toonduur of bereik van hoge en lage registers, te overschrijden. Daardoor worden traditionele percepties op de helling gezet. Van Coluccino is bekend dat hij niets aan het toeval overlaat. Hij schrijft noot voor noot en stilte voor stilte met microscopische precisie uit. Dit stuk van 18 minuten is het resultaat van vier maanden dagelijks voortploeteren.
`In quarzo’ refereert aan de kwartssteen (amethist, bergkristal), een veel voorkomend mineraal met een zeszijdig prisma. De Grieken en Romeinen schreven magische krachten aan de steen toe. Volgens Coluccino benadert de combinatie van piano en elektronica de spiritu-ele eigenschappen van de kwarts.
Luigi Nono – Historisch is Rispecchiato in quarzo gewor-teld in ... Sofferte onde serene... voor piano en tape (1975-1977) van de Venetiaanse componist Luigi Nono. […] Nono schreef zijn werk in een periode van intense reflectie en zelfkritiek. Hiermee zette hij de toon naar innovatieve manieren van componeren en naar hernieuwde perspectieven op kunst en esthetiek. Luigi Nono is dan ook onderwerp van gemeen-schappelijke fascinatie van Osvaldo Coluccino en Jan Michiels.
Identiteit – Over zichzelf en zijn compositorische iden-titeit zei Coluccino onlangs: ‘Ik respecteer alle soorten musici, maar ik moet zeggen dat mijn genre niet “vrije improvisatie” genoemd mag worden, omdat ik noot voor noot schrijf, stilte voor stilte. Evenmin kan men mijn werk zomaar “elektronisch” noemen omdat ik niet alleen dit genre componeer. En men kan mij ook nier minimalistisch noemen. Er is immers sprake van micro-mobiliteit, subtiele veran-derlijkheid en onderzoek naar klank. Bovendien zijn de obsessieve herhalingen afwezig. Maar het lijdt geen twijfel dat ik een veelzijdig lcunstenaar ben, op de manier van bepaalde persoonlijkheden uit de renaissance, en wat het genre betreft: hedendaags klassiek of modern klassiek is voldoende specifiek.’
Resonantie – In zijn zuiverste vorm komt Coluccino’s drie-luik tonen-resonantie-stilte goed tot zijn recht in zijn twaalf Stanze (2004-2011). Jan Michiels speelt er acht, vier-aan-vier gegroepeerd om Rispecchiato. Een ‘stanza’ kan in het Italiaans veel beteke-nissen hebben: een ruimte in al haar gedaan-ten, reëel of imaginair. Het kunnen innerlijke plaatsen in de ziel zijn of onmogelijke plaatsen. Muzikaal komen deze ruimten tot leven in een tijdloze suspensie, in perfecte beheersing van de intervallen tussen de noten en van de toonhoogten. Wat we horen lijkt op gebroken pianomuziek, de noten en geluiden worden verspreid in de ruimte.
In zijn Stanze gebruikt Coluccino het lichaam van de piano om resonanties te genereren. Hij verwijdert de ramen, elimineert alle tierlant ij-nen en confronteert ons met omgevingen die in onszelf liggen. Ook het licht en de dimensies blijven veranderen. We bepalen zelf het tempo waarin we door ruimtes wandelen die we al snel opvatten als onze eigen ruimte. In een ‘stanza’ krijgen ook andere betekenissen gestalte zoals het feit van verblijven, halthouden en stilstaan.
Jan Michiels gaat de uitdaging aan om die ruim-telijke interpretaties respectvol en met liefde te profileren. Hij excelleert in een magistrale invulling van de gebieden tussen de tonen. In zijn handen vullen de stiltes de ruimte, de noten lijken de stiltes te bewaken. Zijn voeten bespelen de pedalen met tienden van millimeters. De zachte tonen zijn bij hem zo mi-nimaal dat ze ten dienste lijken te staan van de rust die erop volgt. De klank is magisch en voor sommige luisteraars misschien zelfs religie..
Fragmentering – Muziek manifesteert zich hier meer dan ooit als een taal, zij het een andere taal. Muziek is een taal waarin we ons kunnen uiten en die we begrijpen, maar die we niet kunnen vertalen. Muziek blijft dus muziek en de toon verschijnt als een doel op zich. Bovendien leidt het gebruik van rusten, fermata’s, cesuren en adempauzes tot fragmentering van de muzikale vorm waar-door de lineariteit verdwijnt. De stiltes dagen de perceptie van tijd uit. Het resultaat is de schepping van een geluidsruimte die de luis-teraar zelf invult waardoor een impressie van tijdloosheid kan ontstaan. De componist zet hier een stap terug, en maakt ruimte voor de luisteraar. Het psychi-sche gevolg is een actieve participatie van de luisteraar die naast oren ook ogen als sensitieve antennes inschakelt. Gedachten die eerst ver-borgen bleven, komen los. Dat wat aanvankelijk geïnternaliseerd is, wordt geë.ernaliseerd en komt daardoor tastbaar los uit het verborgene.
Intensiteit – […] In dit concert zal de luisteraar soms worden verrast met de vraag hoe de wisselende verhoudingen tussen regelmaat en instabiliteit zich manifesteren. In het begin wacht de toe-hoorder met enige ongedurigheid op houvast en richting. Maar hij merkt langzamerhand dat hij getrokken wordt in het hier en nu, want er is geen perspectief. De luisterervaring kan daarom beter vergeleken worden met een lange en schijnbaar doelloze wandeltocht waar-in de tijd uit het zicht verdwijnt. De luisteraar heeft geen ander ankerpunt dan introspectie, die uiteindelijk uitmondt in een spectaculair uitzicht. Het aanvankelijke ongemak van de auditieve ontheemding, is via introspectie vergleden in meditatie en reflectie.
Bij Coluccino’s Dodicesima stanza, het slot-stuk van het concert, zal de luisteraar hebben kunnen ervaren dat compositie van stilte uiteindelijk ruimte schept voor verblindende vergezichten. Of, zoals een wandspreuk in een 53e-eeuws klooster in Toledo zegt: ‘Pelgrim, er zijn geen wegen, men kan enkel op weg gaan.’
Wynold Verweij, Een wandeltocht met vergezichten,
in het boekje van het concert in De Bijloke Festival, Gent (Belgique), 17.02.2022
“Im Allgemeinen erwarte ich von den Künstlern eine Verbindung zwischen ungewöhnlicher Sensibilität und Beherrschung. Deshalb beschäftige ich mich in meinem Fall auch mit formaler Forschung, das heißt, mit den Beziehungen der Tonhöhen der verschiedenen Instrumente, mit Pausen, Kontrapunkt, Dynamik, Dynamismus und so weiter, so wie es im vierzehnten, fünfzehnten, sechzehnten Jahrhundert gemacht wurde ... und natürlich auch mit dem Parameter, der mich an unserer Moderne am meisten fasziniert, nämlich die „Forschung am Klang“. Aber ohne Poesie (der Musik), ohne (besondere) Sensibilität, ohne eine große (angeborene) Persönlichkeit, ohne eine intensive Lebenserfahrung, die der Erkenntnis dient und die leider auch die Seele leiden lässt, sicherlich nicht umsonst, sondern aus gutem Grund, aus altruistischen Gründen (Rimbaud sagte, dass „es darum geht, die Seele monströs zu machen“), ohne all das bleibt diese Art der Forschung, die sich zunächst auf ein technisch-ästhetisches Gerüst stützt, steril“ (Osvaldo Coluccino).
Die CD “Gemina” habe ich zufällig in die Hand bekommen, sie enthält acht Kompositionen von Osvaldo Coluccino, einem italienischen Komponisten, der mir bis dahin vollkommen unbekannt war. […] “Gemina” fiel auf und funktionierte anscheinend wie ein Türöffner. Acht "duetti" in verschiedenen Besetzungen, entstanden zwischen 2002 und 08, publiziert 2010, sind auf dieser bescheidenen CD versammelt; Spieldauer insgesamt etwas mehr als 35 Minuten. […] Gleich das erste Duo für Violine und Klavier verblüfft. "GEMINA", titelgebend für die ganze CD, (doppelt) ist ein hochkonzentrierter Dialog mit wenigen Gesten, ein Fragen und Antworten in Andeutungen. Primär leise. Leicht, schwebend. Mit sprechenden Luftlinien. Oben und Unten. Die hier versammelten Töne könnte man beim Hören zählen, doch wer will das. Drei durchaus heftige aufeinanderfolgende, kurze Gesten im letzten Drittel (drei Takte mf) akzentuieren die zerbrechliche nah-ferne Zweisamkeit wie eine Klimax, wenige Augenblicke vor dem Ausklang. Die Klassifizierung als vornehme Zärtlichkeit liegt mir auf der Zunge, Erinnerungen an Webern könnten auftauchen, was die Prägnanz und den inneren Motor angeht, etwas Feldman ist in der Nähe, doch Coluccino erscheint auf seine Art 'gesanglicher'. Vertrautes, das nicht exakt zu benennen ist, taucht immer wieder auf, bei gleichzeitigem Neuland, was die Erfindung im Gegebenen angeht. Das Material ist im wahrsten Sinne frei, die Emanzipation der Dissonanz ist längst gewesen, auch die traditionelle Harmonik darf wieder sein, alles geht und manchmal kommen diese acht Miniaturen durchaus elegant daher, um eine Vokabel zu benutzen, die im Zusammenhang mit Neuer Musik unschicklich erscheint. Wer einen entsprechenden Grad an Verdichtung zu erzeugen vermag, kann so arbeiten.Gleich das erste Duo für Violine und Klavier verblüfft. "GEMINA", titelgebend für die ganze CD, (doppelt) ist ein hochkonzentrierter Dialog mit wenigen Gesten, ein Fragen und Antworten in Andeutungen. Primär leise. Leicht, schwebend. Mit sprechenden Luftlinien. Oben und Unten. Die hier versammelten Töne könnte man beim Hören zählen, doch wer will das. Drei durchaus heftige aufeinanderfolgende, kurze Gesten im letzten Drittel (drei Takte mf) akzentuieren die zerbrechliche nah-ferne Zweisamkeit wie eine Klimax, wenige Augenblicke vor dem Ausklang. Die Klassifizierung als vornehme Zärtlichkeit liegt mir auf der Zunge, Erinnerungen an Webern könnten auftauchen, was die Prägnanz und den inneren Motor angeht, etwas Feldman ist in der Nähe, doch Coluccino erscheint auf seine Art 'gesanglicher'. Vertrautes, das nicht exakt zu benennen ist, taucht immer wieder auf, bei gleichzeitigem Neuland, was die Erfindung im Gegebenen angeht. Das Material ist im wahrsten Sinne frei, die Emanzipation der Dissonanz ist längst gewesen, auch die traditionelle Harmonik darf wieder sein, alles geht und manchmal kommen diese acht Miniaturen durchaus elegant daher, um eine Vokabel zu benutzen, die im Zusammenhang mit Neuer Musik unschicklich erscheint. Wer einen entsprechenden Grad an Verdichtung zu erzeugen vermag, kann so arbeiten.
[…] 2003 ist seine Existenz als Dichter beendet, wobei er den Vorgang des Aufhörens, Gedichte zu schreiben, zu einem Akt der Poesie erklärt: „Ich schrieb, was ich schreiben musste.“ Gelegentlich greift er, beispielsweise in seinen Vokalkompositionen, auf diese Texte zurück. „Ich bin kein Dichter, der auch Musik zum Vergnügen schreibt oder ein Komponist, der auch Gedichte schreibt,“ heißt es in einer Mail, die er mir im Januar 2023 schrieb. Hier spricht einer, der jede Form eines angepassten Sowohl-als-auch beziehungsweise das Multitasking im gegenwärtigen Betrieb von sich weist und dabei selbst große Setzungen nicht scheut: „Alles ist Musik im Universum; aber nicht als Gefälligkeit für die Ohren.“
[…] Meinen Versuch, Coluccino eingangs und en passant im Abstand zu Morton Feldman zu skizzieren, würde er durch einen entscheidenden Gedanken korrigieren oder ergänzen, in dem Sinne „dass es in meiner Musik eine radikale Klangforschung, Mikrodynamik und Mikrosensibilität gibt“, die seine Findungen antreibt […] Meinung nach erreicht diese Art der Forschung ihren Höhepunkt in seinen jüngsten Werken ab 2017, die Duetti mit ihrer fast klassischen Anmutung liegen da schon eine Weile zurück.
Mein unsystematischer Gang durch dieses Werk lässt sich gerne auf „Emblema“ ein. Das sind sieben Stücke in wechselnder Besetzung, sieben Musiken in statu nascendi, klangschaffendes Anvisieren instrumentaler Naturlaute, aufs eben Hörbare gerichtet. Die Protagonisten in der Nummer 1 – Flöte, Bassflöte, Bassklarinette, Violine, Viola und Cello – versuchen, den Klang herauszulassen, in vorsichtigen Unterstreichungen, in Parallelbewegungen, die sich im Verlauf behutsam auseinanderdividieren. Es gilt eine Dynamik von ppppp bis ppp, und immer wieder Pausen, ja rhetorische Zäsuren, die gestisch-elegischen Felder stehen schon mal als forschende Formulierungen frei, fast wie Cutouts in der Stille, wie eine Graphik auf dem weißen Blatt.
In den sechs „Interni“ für Flöte radikalisiert er diese suchende Klangbewegung nochmals, mit Roberto Fabbriciani hat er einen Musiker, der weiß, wie man diese komplex notierten Innenansichten wahr werden lässt. Ich sehe Zeichnung, höre Raum, fühle etwas, das man Aura nennen könnte. Die Stille wird nicht angebetet, sie ist eine Conditio sine qua non! „Stille ist ein Klang, ein integraler Bestandteil des Werks“ (Roberto Fabbriciani). Trotz der Beschränkung, ist der Farbenreichtum groß, das liegt nicht nur an der wechselnden Besetzung, bei den „Interni“ ist ohnehin nur ein Interpret, ein Instrument zu Gange. Beschränkung, Reduktion als Mangelvokabel ist hier möglicherweise falsch gesagt, es geht vielmehr um ein Handeln im Ähnlichen, im Wahlverwandten beziehungsweise in der Ungleichheit des Ähnlichen, die gehört werden will. Du trittst näher und siehst mehr, du versenkst dich ins Erklingende und hörst unendlich viel. Sensationen ergeben sich in Mikrodistanzen, die Palette blüht auf, unter dem Mikroskop werden Beiläufigkeiten zu komplexen Organismen. Darin mag auch ein spiritueller Aspekt stecken. Die Gefahr, mit esoterischen Darreichungen verwechselt zu werden, besteht indessen kaum, auch die Souveränität der Arbeit (siehe auch oben: Eleganz) ist kein Zuarbeiter in dieser Richtung, vielmehr erscheint die „Forschung am Klang“ wie ein Erkenntnisinteresse, das gegen die Wohlfühlstrategien arbeitet. „Forschung“ ist vielleicht auch nur ein verbaler Notbehelf für einen Klang, der sich in den Augenblicken seiner Existenz kritisch zu beäugen scheint, um es metaphorisch zu sagen. Die Musik ist entschieden auf die Signale ihres eigenen Mikrokosmos konzentriert. Ein melancholischer Charakter spricht, eine „supersensible Persönlichkeit“, die keinesfalls allein von den inneren Angelegenheiten der Kunst bewegt wird, wie Coluccino sich (sinngemäß) selbst beschreibt.
[…] „Stanze“ (2004/2011) für Klavier; eine Untersuchung der besonderen Art, ein Versuch über verschiedene Ausdrucksweisen, Stimmungen, über das Schreiben in den Raum, über Zeitmanagement und Zeitvergessenheit. […] Mit der „Dodicesima stanza“, also dem letzten Abschnitt (12), kommt wieder ein neuer Ton in den Zyklus, […] ich höre Wehmut, die es so bislang nicht gegeben hat, ein gefühlvolles Wiedereintreten. Wiedereintreten? In was? Ein Proust-Effekt kommt mir in den Sinn, „Le temps retrouvé“, ich meine die finale Lust, gleich nach dem Ende der möglicherweise langwierigen Lektüre noch einmal von vorne zu beginnen, weil der Autor die bis dahin erzählte Welt, mit einem Mal ganz anders sieht. Ich habe die
Coluccinos Musik ist nachhaltig und widerstandsfähig, eine Arbeit, die mal eben so dahingeträumt ist, würde diesen Härtetest nicht bestehen, diese verbraucht sich nicht in ersten Ungeheuerlichkeiten, sondern ist da wie beim ersten Erklingen. In „Stanze“ bleibt es beim traditionellen Klavierspiel. „Ich entschied mich für den Weg der Reinheit“, schreibt Coluccino in einer Mail vom Februar 2023, um „diese Arbeit nicht in die technischen Stereotypen unserer Zeit zu pressen.“ Der Aspekt der Klangforschung im eigentlichen Sinne ist möglicherweise noch nicht so ausgewiesen, die Musik widmet sich ganz den Ereignissen, dem Wandel der Perspektiven, der wechselnden Beleuchtung in den unterschiedlichen Kammern, wo die Uhren jeweils etwas anders gehen.
In „Rispecchiato in quarzo“ (2020), das beim Transit Festival in Leuven 2021 uraufgeführt wurde, greift der kongeniale Pianist Jan Michiels entschieden in das Instrument, das durchaus spitz präpariert ist, er macht seine Runden (ein ganz klein wenig Performance spielt mit), nimmt bunte Spielhilfen zur Hand, einmal abgesehen davon, dass er auch einen (virtuosen) Part an den Tasten absolviert. Verortet ist dieser empfindsame Grenzgang in eine elektroakustische Soundscape, die Dialoge zwischen konkret und virtuell ermöglicht, sich aber auch bis zur Verwechselbarkeit anschmiegt. „Die vielen Gesichter, die schimmernden und transparenten Multiversen des Quarzes, denen verschiedene alte Völker divinatorische Eigenschaften zuschrieben“, so der Komponist mit Blick ins Weite, „sind hier der Sitz des Magischen, an den sich das Lebewesen wendet, um sich auf unaussprechliche Weise zu suchen und zu finden.“ […]
Über die elektroakustischen Arbeiten Coluccinos ließe sich, einmal an diesen Punkt gelangt, noch einiges sagen, sie bilden jedenfalls einen eigenen Werkblock. Hinzu käme noch der Bereich für/mit akustischen Objekten, beispielsweise „Atto“ (2011), wo eben Objekte bespielt werden, keine Musikinstrumente, ohne elektronische Manipulation. Gefragt von Simon Reynell,3 was es damit auf sich habe, antwortet Coluccino mit einer Grundsatzerklärung, die für seine gesamte Musik gelten dürfte: „In der Musik versuche ich also, abstrakte, unsichtbare oder parallele Elemente zu erfassen und sie dann konkret zu machen.“
„Attimo“ (Augenblick) für Streichquartett (2007) hat mich besonders gepackt. Damit gelange ich wieder in die Nähe der initialen CD „Gemina“ mit den acht Duetti. Der Klang geht auf in besonnenen Bewegungen in fragenden Lineaturen, Punkten und Flächen. Der Augenblick ist ein (fast) statisches Drama im Hier und Jetzt, heftige, dramatische Kontrapunkte treten schon mal auf wie Blitze, die das hochgespannte Ganze mit Strom versorgen. Das ist nicht aufrührerisch, Coluccino ist keiner, der seine Kunst, seine Kunstfertigkeit oder korrekte Anwendungen zeitgenössischer Sprachregelungen ständig vorzeigen muss. Das musikalische Erbe der Moderne ist noch in Hörweite, aber es bewegt sich längst auf einem anderen Planeten...
Reinhard Ermen, aus dem Porträt Fortsetzung der Poesie mit anderen Mitteln
– der italienischen Komponisten Osvaldo Coluccino,
in MusikTexte, n. 177/178, Köln, Mai 2023
CHAMBER, ORCHESTRAL AND VOCAL MUSIC
About Interni (2017-2018), Kairos, Vienna 2019
[...] In una realtà che vede la
composizione passare in rassegna metodi e tecniche anche senza una ben precisa
teoria deduttiva, ogni compositore si sta ritagliando uno spazio, una sua
specificità del comporre: quella offerta dal compositore Osvaldo Coluccino ha
tutta l'aria di essere una delle più consapevoli, riconoscibili e
"forti" nella sua identità ed intensità: ho virgolettato l'aggettivo
"forte" poiché nel caso di Coluccino esiste un double entendre del significato, che mira ad una meravigliosa
divaricazione tra senso e oggetto.
Interni, il
cd appena pubblicato da Coluccino per Kairos ed interamente dedicato al flauto,
è una magnifica rappresentazione di quell'aggettivazione prospettata: con
l'indispensabile esecuzione del grande Roberto Fabbriciani, Interni si divide
in 6 parti, 6 movimenti investigativi del pensiero di Coluccino, un compositore
che attraverso la musica è riuscito a fare una cosa unica, ossia materializzare
un'intima elucubrazione dell'animo, visionarie stazioni dinamiche di oggetti e persone
formalmente inanimati. [...] Se erano già molti i canali ingegnosamente
utilizzati dai compositori e flautisti per presentarsi nelle modalità estensive
del pianissimo, dei silenzi lunghi, delle scie flebili del fiato o dei canali
d'aria, non ne esisteva nessuno che sviluppasse una loro configurazione
specifica, quella che Coluccino eleva a realtà del “lieve” e del “fioco”
attraverso la combinazione di puntigliose tecniche estensive [...] pur non
facendo nessun diretto riferimento nelle note scritte all'interno del cd,
Osvaldo fa intuire un collegamento agli "interni" dei dipinti di
Beato Angelico nel Museo di S. Marco a Firenze, dove le figure apparentemente
immobili sui dipinti sembrano relazionarsi a noi usando un canale
preferenziale, quello di una impercettibile distesa di spiegazioni interiori;
queste sofisticazioni pensate da Coluccino ed eseguite da Fabbriciani sono in
grado di agire da medium di un trapasso dell'ascolto musicale da corporeo ad
incorporeo, di un movimento che dalle orecchie passa al cervello. Si tratta,
dunque, di approntare un ascolto immersivo e difficoltoso, ma che lancia nella
composizione per flauto un altro segnale di vera novità. Flauto in Do, flauto
alto, basso e contrabbasso, nonché flauto con intervento di un sostegno elettroacustico,
percorrono strade del virtuosismo inusuali, perché raccolte in un idioma
estetico (il libretto interno al cd raccoglie esempi di queste minuziose
partiture) che finora non era mai stato posto in questo modo. Andate a sentire,
per esempio, l'Interno 5 dove il
depauperamento del timbro del flauto lascia spazio ad una pletora di situazioni
dell'inezia sonica, respiro umano che si condensa con soffi, aspirazioni,
fischi appena accennati, sibili condotti in uno spazio incredibilmente arioso.
La composizione di Coluccino al
flauto è distante da quanto fatto dai principali compositori estensivi italiani
in materia: Maderna il flauto lo rese poetico, Berio inquadrò le estensioni
nelle regole di convivenza dei processi armonici, Nono tese una mano alla
complessità del suono (anche nello spazio), Sciarrino indagò sul cambiamento di
stato (quanto succede negli spazi tra sonorità e silenzi), Ambrosini agì sulla
motilità, Fabbriciani produsse un salto nelle qualità dei timbri grazie a
scoperte strumentali di gigantesca portata. Per Coluccino non è importante solo
l'indagine timbrica, ma anche quanto si può ottenere in termini di spirito
umanistico, di tessuti connettivi collegabili alla sensibilità artistica, posto
che la sua è una riflessione che non si accontenta di risvegliare generiche e
soggettive immagini neurali, ma vuole indirizzarci verso una di loro in
particolare, quella di una dimensione introspettiva umile ed imprendibile. Il
trasferimento verso di essa però è intensissimo e basterebbe ascoltare quanto
succede in tema di arricchimento profuso dal processing elettroacustico: Interno 6 mostra persino un bisbiglio
composto, una prova di vicinanza ai dipinti e a tutta l'arte che non si riesce
a cogliere nella sua bellezza e totalità se non dopo un'attenta visione dei
particolari, in ossequio a quanto asseriva Giacometti nella necessità di sviluppare
una poetica indirizzata alla scoperta degli orizzonti inaccessibili.
Ettore Garzia, Osvaldo Coluccino: Interni,
in “Percorsi Musicali”, Italia, 30.9.2019
Flecista Roberto Fabbriciani mierzy
się z dziełami kompozytora Osvaldo Colucciny. Minimalizm kompozycji Włocha
idealnie współgra z dobranym do niej fletem Fabbricianiego. To ważne, bo
Coluccino komponuje zarówno na wielkie orkiestry (Destato nel respiro z 2018),
na partie wokalne (Nel distacco z 2003), jak i na proste, balansujące na
granicy dźwięku i ciszy instrumenty, jak w przypadku Interni flet.
Flet w różnych odsłonach, najczęściej
preparowany, zresztą Fabbriciani stosuje na płycie różne formy gry. Są długie
drone’owe partie, szybkie frazy, praca oddechem. Nowa muzyka współczesna
Colucciniego w wykonaniu świetnego wirtuoza fletu Fabriccianiego oscyluje
między twórczym bezładem a ułożoną, kompozytorską pracą. Nagrania na Interni
brzmią jak solidna improwizacja, w pełni nokturnowa, tajemnicza eskapada w głąb
ludzkich myśli. Niespokojnych, mrocznych. Nieokreślonych. Taki jest materiał
tego albumu, sześć wymagających skupienia utworów wciąga, intryguje. Zwłaszcza
gdy włoski flecista schodzi w niskie rejony podświadomości, a włoski kompozytor
bawi się ciszą. Dla mnie to po prostu rewelacyjna płyta penetrująca dźwiękiem
otaczającą artystę przestrzeń.
Piotr Strzemieczny, in “Fyh!”, Polska, 26
października 2019
nasza ocena: 8 (świetna płyta)
nasza ocena: 8 (świetna płyta)
L’aggettivo sostantivato che titola
il programma è al plurale: dichiara l’attenzione che il compositore dedica a
esplorare gli “interni” delle diverse taglie di flauto, ma anche
l’"interno" della scrittura modernamente idiomatica di cui
Fabbriciani addomestica con poetica naturalezza effetti e silenzi, a ricreare
una dimensione sonora, spaziale e di ascolto di originale sottigliezza.
Angelo Foletto, Una dimensione da Interni,
in “Robinson- La Repubblica –”, Italia, 9 novembre 2019
in “Robinson- La Repubblica –”, Italia, 9 novembre 2019
valutazione: 4 stelle
Dans
ces six Interni pour flûtes, le
compositeur et poète sort des sentiers battus et donne à entendre l’instrument,
ses sons, les façons d’en jouer, aux limites de l’audible, les silences donc
aussi, parties sonores intégrantes des pièces, tels une suite de pensées, qui
avancent, évoluent, explorent – un chemin, une quête, une recherche. Dans ce
périple où respiration humaine et instrument se mesurent tels des alter ego,
Osvaldo Coluccino affine le détail à l’extrême, comme dans Primo Interno, qui
débute par quatre notes, identiques (sol, à la même octave), mais émises
suivant une morphologie différente : l’air à travers la flûte ; le souffle
humain ; l’air inspiré ; l’air à travers l’instrument, mais suivant un doigté
hors norme. Voilà un disque qui requiert une écoute proche de l’oreille, dans
la quiétude d’un casque faiseur de silence et la patience de celui sait
entendre le subtil.
Bernard
Vincken, Osvaldo Coluccino: Interni,
Fabbriciani,
in “Clic
Musique!”, France, novembre 2019
Before
he began writing music as a mature composer, Osvaldo Coluccino (b. 1963) was a
literary artist. Although he had studied composition and classical guitar, had
performed in concert halls in his teens and had begun to compose in 1979, from
the end of the 1980s to the early 2000s Coluccino was mainly engaged in
writing: poetry, drama and prose. Poetry in particular demands an ear for words
as sonorous objects as well as a grasp of language as potentially an instrument
of condensed meaning—of saying much with little. And while Coluccino may
consider his work with poetry and with composition to occupy two separate and
largely unconnected spheres, it does seem that both of those qualities of
poetry—sonority and economy of expression – carry over into his compositions.
This
is especially true of Interni, a 2017-2018 series of five solo compositions for
various flutes and one for flute and electronics. As he did with earlier works,
like the Emblema series for small chamber ensembles and Atto, which was
composed for objects rather than musical instruments, Coluccino with Interni
makes music focused on the quiet details of sound production and color.
From
the opening notes of Primo interno for C flute, Coluccino’s sensibility reveals
itself. In as pure an example of klangfarbenmelodie as one could want,
Coluccino calls for each of the first four notes—all of them a G—to be played
with different extended techniques, yielding a melody consisting of a sequence
of changing timbres over constant pitch. As with the first Interno, so with the
rest: the entire series stands as a kind of encyclopedia of extended flute
techniques. These include key clicks, whistles, palate snaps, tongue rams, air
pizzicato, multiphonics, harmonics and more. Coluccino draws attention to the
specific characteristics of his sonorities by separating them with palpable
rests; these islands of sound then function as brief meditations on sound in
its qualitative dimension.
Interno
sesto for contrabass flute, bass flute and electronics maintains the
consistency of the preceding Interni by couching complex timbres at relatively
low dynamics. The electronics serve as a kind of background curtain of
undefined noise and a screen on which the flutes can project their sounds.
This
music requires a technically advanced performer with an ear attuned to nuance;
Coluccino is thus fortunate to have these fine works realized by the Italian
flute virtuoso Roberto Fabbriciani.
Daniel
Barbiero, Osvaldo Coluccino – Interni,
in “Avant Music News”, USA, November 11, 2019
Di certo «ecologica» – della mente,
del vivere sapiente, del riflettere con suoni al limite del silenzio – è la
musica di Osvaldo Coluccino in Interni
(Kairos). Musica scritta per tutti i tipi di flauti e nel Sesto interno con l'aggiunta dell’elettronica. Musica affidata a un celebre interprete di nome Roberto Fabbriciani.
Mario Gamba, Top Five 2019,
in “Alias-Il Manifesto”, Roma (Italia), 22 novembre 2019
valutazione: top five del 2019
Wij kennen Roberto Fabbriciani als een gepassioneerd voorvechter van eigentijdse muziek, niet bang voor experimenten. Op deze cd voert hij het werk Interni uit, in 2017/18 geschreven door de Italiaanse com ponist (en dichter) Osvaldo Coluccino (*1963). Geen toegankelijke muziek, de componist zoekt naar andere manieren van expressie op ons instrument dan de traditionele. In het booklet geeft Coluccino een uitge brei de toelichting, met notenvoorbeelden. [...] Deze zoektocht levert geen lekkere luistermuziek op, wel een uiterst boeiende cd met fascinerende klanken. [...] Het is altijd moeilijk dit soort muziek uit de speakers te beoordelen, juist hier voegt de magie van de concertzaal veel toe. Ik zou Fabricciani dit dus graag eens live horen uitvoeren – voor nu doen we het met deze fascinerende cd.
Bart Schmittmann, Osvaldo Coluccino: Interni. Roberto
Fabbriciani. Kairos, in “Fluit” 2020-1, Nederland, January 2020
Un lloc de retir. Un espai de refugi.
Íntimament unit alla música. Un silenci ascètic. El compositor inicia un soliloqui
musical com un arbre que li brinda aixopluc.
L’obra Interni comença amb la inspiració i
l’expiració. La flauta com a mitjancera de l’exercici vital. Des del primer moviment
es percep el ritme entre el so i el silenci. El silenci és corpori, matèria,
signe i símbol. Les notes de la flauta, a vegades obsessives, xoquen contra un imaginari
vel que reüll l’alè vital i es mou de nord a sud, buscant la llum.
Cadascun dels moviments, primo, secondo, terzo,
quarto, quinto i sesto, expressen un estat, una forma d’escoltar, de pensar,
d’estar en silenci.
El so, els harmònics, els cops rítmics a les
claus són el cant subtil de la delicadesa, de les paraules sense dir per algun
imperatiu remot, ignot, amb matisos d’urgència. Els moviments estan enllaçats
amb punts línies musicals que es despleguen a través d’incomptables capes fines.
Els fragments melòdics, amb episodis conclusius, marxen de sobte fins que
reapareixen en una altra dinàmica. Petits frasejos fragmentats generen la paradoxa
de la força creadora i el defalliment. La tragèdia ve a guarir la ferida
original i només la flauta pot fer d’intermediària.
Quina tragèdia? El d’un món desconcertant,
percebut, viscut, respirat i ofegat. L’afonia com a causa o metàfora de la
pèrdua dels éssers vius estimats, la pèrdua de nosaltres mateixos i de l’esperança…
escriu l’autor a les notes del disc.
Osvaldo Coluccino ens mostra el camí que ell va
recórrer fins a arribar a Florència, al Museu Nacional de San Marco, un espai
sacre on ha pogut experimentar la transcendència de les obres de Fra Angelico, les
figures etèries buidades de tota corporeïtat. Prop d’aquell espai es van fer
els assajos. Interni for flute és, al capdavall, una obra per a experimentar
l’indicible.
Carme Miró, Interni,
in “Sonograma”, Barcelona (España), 29 Març 2020
[…] In den sechs „Interni“ für Flöte radikalisiert er diese suchende Klangbewegung nochmals, mit Roberto Fabbriciani hat er einen Musiker, der weiß, wie man diese komplex notierten Innenansichten wahr werden lässt. Ich sehe Zeichnung, höre Raum, fühle etwas, das man Aura nennen könnte. Die Stille wird nicht angebetet, sie ist eine Conditio sine qua non! „Stille ist ein Klang, ein integraler Bestandteil des Werks“ (Roberto Fabbriciani). Trotz der Beschränkung, ist der Farbenreichtum groß, das liegt nicht nur an der wechselnden Besetzung, bei den „Interni“ ist ohnehin nur ein Interpret, ein Instrument zu Gange. Beschränkung, Reduktion als Mangelvokabel ist hier möglicherweise falsch gesagt, es geht vielmehr um ein Handeln im Ähnlichen, im Wahlverwandten beziehungsweise in der Ungleichheit des Ähnlichen, die gehört werden will. Du trittst näher und siehst mehr, du versenkst dich ins Erklingende und hörst unendlich viel. Sensationen ergeben sich in Mikrodistanzen, die Palette blüht auf, unter dem Mikroskop werden Beiläufigkeiten zu komplexen Organismen. Darin mag auch ein spiritueller Aspekt stecken. Die Gefahr, mit esoterischen Darreichungen verwechselt zu werden, besteht indessen kaum, auch die Souveränität der Arbeit (siehe auch oben: Eleganz) ist kein Zuarbeiter in dieser Richtung, vielmehr erscheint die „Forschung am Klang“ wie ein Erkenntnisinteresse, das gegen die Wohlfühlstrategien arbeitet. „Forschung“ ist vielleicht auch nur ein verbaler Notbehelf für einen Klang, der sich in den Augenblicken seiner Existenz kritisch zu beäugen scheint, um es metaphorisch zu sagen. Die Musik ist entschieden auf die Signale ihres eigenen Mikrokosmos konzentriert. Ein melancholischer Charakter spricht, eine „supersensible Persönlichkeit“, die keinesfalls allein von den inneren Angelegenheiten der Kunst bewegt wird, wie Coluccino sich (sinngemäß) selbst beschreibt. […]
Reinhard Ermen, aus dem Porträt Fortsetzung der Poesie mit anderen Mitteln
– der italienischen Komponisten Osvaldo Coluccino,
in MusikTexte, n. 177/178, Köln, Mai 2023
About Emblema (2009-2015), Kairos, Wien 2018
Nell’ampio dominio della musica contemporanea,
l’originalità di una proposta viene raggiunta solo con un particolare “raggiro”
delle condizioni compositive: la scelta di utilizzare alcuni materiali secondo
regole che bistrattano gli elementi che compongono la musica (modificazioni o
azzeramento dell’armonia, della linea melodica, dei tempi, delle dinamiche,
ecc.), proietta il pensiero del compositore, aldilà di qualsivoglia scoperta
sui suoni. Questo pensiero, peraltro, è elaborato anche su fattori interdisciplinari
con le altre arti: solitamente il compositore è anche un celato poeta, pittore
o scrittore, che nella musica riversa il collegamento.
Osvaldo Coluccino (1963) è un esempio lampante di
questi principi: il “raggiro” proposto da Coluccino (che è anche un poeta) ha
una fantastica via di uscita, perché lavora su un approccio che sviluppa il
binomio musica-arte in un modo che solo in pochi sono riusciti a formulare in
maniera chiara e compiuta nella musica contemporanea. La sua musica ha
un’evidente impronta simbolista che l’ascolto maturo restituisce in toto: è una
struttura costruita per fotogrammi, dove gli strumenti appaiono e sfumano, le
tinte sono tenui e si viene trasportati in un incredibile mondo sonoro
dell’interiore, una suggestione che risponde in immediatezza al nostro animo,
per cercare spiegazioni, come essere davanti a un dipinto in cui le figure o
gli oggetti sono in grado di muovere senso, di fare affermazioni e di avere una
voce, nonostante l’immobilità sia ciò che si presenta fisicamente ai nostri
occhi.
Attraverso la musica di Coluccino si coglie
un’immagine neurale che, per tipo di scoperta, al tempo stesso può dar brividi
o esser accogliente, una vitalità che si addentra nei pensieri più intimi di
ciò che ci circonda, che ci fa scattare domande profonde e pertinenti
attraverso i suoi attori e, senza complessità manierata né ripetizioni, riesce
a essere la materia unica e sufficiente per l’espansione musicale. Mi sento di
poter affermare che Coluccino sta compiendo uno dei più degni percorsi di
continuazione del simbolismo contemporaneo in Italia: penso alle grandi e
inerenti esperienze di Luigi Nono o, più tardi, a quelle di Stefano Gervasoni,
autori che lo legarono però ai caratteri fonetici e semantici del linguaggio,
imponendo un tipo di drammaturgia divisa tra percezione dei suoni e concetti da
esprimere. Con Coluccino si rimane ancor più nel regno del suono puro e del suo
potere visivo, il suo linguaggio è deliberatamente emotivo, e, con una
dotazione umanistica robusta, non persegue una propulsione positivista, né
tanto meno vuole argomentare su concettualità fornite a mo’ di eventi (alla
Cage, per intenderci), e malgrado ciò connotata la partitura con precisione
scientifica nella formulazione di altezze, intervalli, micro-divisioni
ritmiche, designazione di colori timbrici... E il banco di prova più
sostanzioso per affermare questa sua profondità, resta la musica da camera
[...] Il simbolismo torna come modalità di esplorazione dell’incompreso. Tutto
finisce come era iniziato. Ma nel mezzo c’è una esperienza unica.
Ettore Garzia, Osvaldo Coluccino –
Emblema,
prefazione al CD Emblema, Kairos, Wien (Österreich), 2018
Der Italiener Osvaldo Coluccino war lange Zeit als
Lyriker unterwegs, bevor er sich 2003 endgültig aufs Komponieren verlegte. Die
prinzipielle Ungreifbarkeit seiner Sprache hat er beibehalten. Eine auf
wesentliche Klangmomente konzentrierte Musik offenbart sein „Emblema“-Zyklus
(2009–15) in verschiedenen Kammermusikbesetzungen, die brüchige Klangzeichen in
den Raum werfen, die aus der Stille kommen und in diese zurückkehren. Nur
selten verfestigen sich augenblickshaft motivische Partikel in diesem
introvertierten Schwebezustand aus Geräusch und Klang. Rätselhaftigkeit ist
dieser sinnlich verführerischen Kargheit, die das Ex Novo Ensemble hier mit
ganz feiner Nadel strickt […]
Dirk Wieschollek, Neue Musik von
und mit: Osvaldo Coluccino, Isabel Mundry,
Caspar Johannes Walter, Iannis Xenakis, Ex Novo Ensemble,
in “NMZ – Neue musikzeitung”, Regensburg
(Deutschland), 7/2018
Su música es difícil de describir y esto, en el panorama de la creación contemporánea, es probablemente un halago. Al margen, demasiado al margen, damos voz a Osvaldo Coluccino. La obra del italiano Osvaldo Coluccino (1963) es casi secreta. No debería serlo, pero lo es. Podría decirse que su música aguarda pacientemente su momento. Mientras su nombre se afianza en los escenarios de la nueva música, las grabaciones discográficas nos permiten seguir el rastro a un creador de un enorme aliento intelectual y con un catálogo lleno de sugerencias y sonidos en los que perdernos. El conjunto Ex Novo Ensemble protagoniza su nuevo registro. [entrevista:] «Emblema, su primer disco en el prestigioso sello Kairos no constituye su primer ciclo. Pienso en Stanze. Prefiere trabajar con series de obras antes que plantear composiciones aisladas? [a entrevista continúa…]
Ismael G. Cabral, in «Trabajo siempre sopesando el pasado,
incluso el más distante», entrevista con Osvaldo Coluccino,
en “El Correo de Andalucía”, Sevilla (España), 29 de agosto de 2018
As a flutist myself, it’s refreshing to find new
chamber works that utilize the extended techniques of the instrument in an
interesting way. An introspective listen.
Mara Miller, September 2018 Staff
Picks,
Naxos of America, USA, September 2018
rating: among the 6 featured releases
We’re used to hearing about contemporary music’s plurality. In the 2000s, though, common ground has emerged in the probing of quietness. Whether this cross-party appeal to quietness is a response to the daily noise of our media environment or simply a strategy for freeing sounds from historical over-familiarity, it has given us some compelling music.
Osvaldo Coluccino, in describing the character of his chamber series Emblema, suggests an analogy with the early Renaissance painter Piero della Francesca and his portrait of Sigismondo Pandolfo Malatesta. That kinship is not just in the well-defined forms, the compositional balance, the open spaces and the simplicity of colour; it is also in the ‘pervading dirty white’ the painting’s aged surface has acquired over time. In Emblema one listens not only to the post-tonal pitches but to the pressure of bow on string, the breath inside the flute—the flecked surface of the auditory canvas.
The flute and violin of Emblema 3 are so tentative as to be barely there, long silences separating their slim shards of pitch and colour. In Emblema 1, registral width (high violin with low bass clarinet) combines with heterophony to generate a compelling micro-drama. The lack of activity makes even the slightest movement stand out vividly; due to such restraint, when towards the end of Emblema 1 we hear the shrill crack of a clarinet multiphonic, it is even more intense than usual. At times the late music of Coluccino’s fellow countryman Luigi Nono comes to mind in this ascetism and near-mysticism. Ex Novo Ensemble give performances of intense concentration and striking nuance. I’m not sure I knew so many gradations of quietness existed.
Liam Cagney, The new quiet, in “Gramophone”, London (UK), November 2018
Italian composer Osvaldo Coluccino created a series of Emblema pieces for a commission by the Gran Teatro Fenice in Venice. Slowly unfurling, sustained pitches, deft employment of overtones and harmonics, and varied textures populate the works. On Coluccino’s Kairos portrait CD, the Ex Novo Ensemble performs them with attentive delicacy. One can hear echos of great composers such as Feldman, Scelsi, and Nono in these elliptical emblems, but it is the ghost of Webern that looms largest.
Christian Carey, Best of 2018:
Composer Portrait CDs,
in “Sequenza21”, USA, December 2018
rating: best of 2018, composer portrait CDs
rating: best of 2018, composer portrait CDs
Osvaldo Coluccino è
uno di quegli autori, in realtà specie rara, che sa interpretare alla
perfezione la modernità componendo sia opere elettroniche e/o elettroacustiche
sia opere per ensemble da camera di tipo tradizionale e rivolgendosi per la pubblicazione
dei propri lavori ai marchi discografici più appropriati. Emblema viene pubblicato dall’austriaca Kairos dove il suo nome si
affianca a campioni della contemporaneità quali Scelsi, Lachenmann, Nono,
Feldman, Donatoni e Sciarrino. […] S’è detto sobria intimità per una musica che
pare vellutata ed elegante, con clarini, flauti, archi e pianoforte impegnati a
pennellare coloriture, sottolineature, punti e contrappunti. Coluccino è come
uno stilista d’alta moda che, avvalendosi delle timbriche a disposizione, crea
tessiture di ricercata raffinatezza.
Non vorrei che il
lettore assuefatto al rozzo fragore quotidiano snobbasse queste pagine di
autentica poesia sonora che, viceversa, rappresentano un’autentica panacea per
rilassare la mente e liberarne i pensieri (fate attenzione a ciò che ho
scritto: liberare i e non liberare dai). […]
Mario
Biserni, Emblema, in Sands-zine, Italia, 4
dicembre 2018
valutazione. refined and elegant
valutazione. refined and elegant
Una musica che cerca di scovare un altrove, una regione dell’intimo che ci riguarda (il vecchio caro inconscio?), un impercettibile che viene vissuto come fortemente sensibile, un campo sonoro dove il tenue l’assenza i silenzi sono tratti sempre presenti, questa musica può essere definita ascetica? Il compositore che la produce suggerisce di sì, rimane la possibilità di smentirlo. La musica del ciclo “Emblema” di Osvaldo Coluccino è assai coerente con altre musiche di altri cicli dello stesso compositore. Punta – si vorrebbe dire gioca ma la “severità” dell’autore induce a trattenersi – sulle successioni di suoni organizzati per sottilissimi fili, pronunce accennate delle frasi da parte degli strumenti, regni sonori dell’indicibile. Eppure è scopertamente emozionale. Eppure fa di questo assemblaggio di “assenze” un modo di agire musicale, che è un modo di agire nel mondo. Per altri mondi, magari, ma nel mondo e non nella rinuncia, in una estraneità ascetica (appunto…) al mondo. Il criterio è quello di unire suoni lunghi o leggere increspature, tocchi e sfioramenti su corde e su dispositivi dei fiati, unirli in un quadro omogeneo, un disegno di lande oniriche forse notturne senza troppe lacerazioni e sussulti che non siano lievi capricci di spiritelli inquieti ma discreti. Sono sei brani intitolati “Emblema” raccolti nell’album della Kairos con lo stesso titolo del ciclo. Che ne comprende sette ma “Emblema 2”, scritto per un organico cameristico ampio, è stato omesso. Per quale motivo? Facile da capire: Coluccino ha voluto che si ascoltasse qualcosa come un unico flusso sonoro tra un “Emblema” e l’altro e questo flusso doveva essere ottenuto con organici da camera ridotti per non alterare mai l’idea dell’agire sulla tenuità, sul raccoglimento, sull’emozione di scoprire, con attenzione, con desiderio di preziosa inusitata “non udibilità”, ciò che sta in territori altri del suono, scrigni da aprire con esitazione sapiente, sentimenti di un aldiqua ancora segreto. “Emblema 5” che introduce il pianoforte nel dialogo tra clarinetto violino e violoncello è il brano dove la “divagazione” è un pochino concessa all’interno di un continuo pensare e avvertire il suono-non suono e il silenzio. “Emblema 3” per flauto e violino contraddice l’esiguità dell’organico con qualche strappo nel discorso (parlare di violenza sonora sarebbe esagerato). In tutto l’album i solisti dell’Ex Novo Ensemble mostrano una capacità strumentale e una intelligenza al limite del sovrumano.
Mario Gamba, Coluccino, emblematiche assenze,
in “Alias-Manifesto”, Roma (Italia), 23.2.2019
Zumindest
in Italien ist es nicht mehr nötig, zur Charakterisierung von Osvaldo
Coluccinos Musik einen Luigi Nono als Vorläufer oder „Übervater“ zu zitieren:
Längst haben seine Fans das Gemeinsame, aber auch das Neue, Weiterführende
entdeckt (u. a. bei den Labels Col legno oder Neos dokumentiert) und begriffen,
dass es mehr als einen Weg der zeitgenössischen Komposition geben kann. Soll
man ihn meditativ oder gar mystisch nennen? Impressionistisch? Empfindsam? Oder
vielleicht noch besser: labyrinthisch!
Denn obwohl wir uns an Fäden entlangtasten, scheint das, was uns nach der
nächsten Ecke erwartet, völlig ungewiss, ja, schon die Erwartung an sich
scheint durch die Konstruktion des Labyrinths in Frage gestellt.
Coluccinos
Bezugnahme im Booklet auf den Maler Piero della Francesca weist auf eine
unmittelbare Beteiligung des Betrachters am Geschehen hin, andererseits aber
auch auf eine unnahbare Kühle (wie wir sie herrlich beim Fresko Madonna del
Parto oder der Auferstehung erleben dürfen).
Coluccinos
Labyrinth ist das eigentliche Emblema
für unsere Reise mit seinen Klanggeweben, deren Verknüpfungen und Muster nur
aus großer Höhe sichtbar werden und so auf die Ebenen des Mikro- und des
Makrokosmos verweisen. Einzig den Kampf mit dem Minotaurus verweigert Coluccino
– den eigentlichen Herrscher des Labyrinthes zu stellen, bleibt Sache des
Hörers.
Den
Faden der Ariadne spinnen uns Flöte, Klarinette, Violine, Viola, Cello,
Klavier: Das auf neue Musik spezialisierte und seit 1979 bestehende
venezianische Ensemble Ex Novo glänzt in den Stücken Emblema 1, 3 ,4 ,5 ,6 ,7 in verschiedenen Besetzungen.
Peter Kaiser, Neue Musik / Osvaldo Coluccino: Emblema,
in “LitGes –
Literatur und su weiter”, St. Pölten (Österreich), 22.3.2019
Voici l'antidote rêvé pour le discophile pressé
d'èchapper à la part hyperactive et archivirtuose de la création musicale
actuelle. Osvaldo Coluccino nous offre un moment de quiétude hautement
bénéfique avec Emblema (2009-2015).
Le deuxième volet de ce cycle a été omis – son effectif dépasse largement celui
des six musiciens de l'ensemble Ex Novo.
Assurément économe mais habitée, dénuée de
toute affection ou de fausse profondeur philosophique, la musique de Coluccino
s'adresse avec beaucoup de tact e de façon presque subliminale à nos facultés
émotionelles. La forte proportion de souffle qui colore la première note de
flûte, dans le quintette Emblema I,
ne tient résolument pas d'une esthétique bruitiste. De même, les sons
multiphoniques (clarinette basse et flûte basse) s'inscrivent dans une poétique
du son précaire, qui appelle naturellement le recours au jeu sur le chevalet
puor le trio à cordes. Si un tel dépouillement peut évoquer la musique
introspective du dernier Nono – mais qui serai un Nono apaisé –, l’objectivité
dépassionnée du discours fait écho à la dimension plastique des œuvres de
Feldman.
L'effetcif minimal est attient avec Emblema III, duo pour flûte et violon.
Absence de complexité affichée ne signifie pas ici indigence, et on pressent
que cette économie musicale est une stratégie minutieuse. Elle intègre son lot
de contraintes (dynamique extrêmement restreinte, qusi-absence del flux comme
de pulsation perceptible) dont elle tire sa forse de persuasion.
Emblema
IV revient à un trio cordes.
Impossible de manquer, dans un tableau pourtant plus animé que les autres
pièces, les longues béances (jusqu'à onze secondes de silence) qui coupent
court à tout élan discursif. Come plongés dans un état contemplatif, les
interprètes font preuve d'une grande sérénité, de clarté et précision. Ce
qu'ils nous transmettet ne tient ni du patch-work, ni d'une musique neutre. Un
disque addictif pour les auditeurs sensibles à la méditation.
Pierre Rigaudière, Osvaldo Coluccino, Emblema,
in “Diapason”, Montrouge (France),
Avril 2019
rating: 5 diapasons (superbe. Osez-le!)
rating: 5 diapasons (superbe. Osez-le!)
Dat
de Italiaanse componist Osvaldo Coluccino […] ook dichter is, hoeft niet te
verbazen. Zijn muziek is doortrokken van poëzie. Bijvoorbeeld in de zes
‘Emblema’ die verzameld zijn op een nieuwe Cd die bij Kairos verscheen en die
op bijzondere wijze door de leden van het uit Venetië afkomstige Ex Novo
Ensemble worden verklankt. […] De overeenkomst met het gedicht zit hem in de
precisie waarmee Coluccino te werk gaat. Zoals in een goed gedicht ieder woord
wordt gewogen en er aan constructies net zo lang wordt geschaafd tot de dichter
vindt dat het goed is, zo ging de componist ongetwijfeld met deze stukken aan
de gang. Ook hier klinkt geen noot te veel en hoor je aan alles dat ook hier
uitgebreid gewikt en gewogen is.
De
eerste ‘Emblema’ is er één voor fluit, basklarinet, viool, altviool en cello […]
Als in een bries klinken de klanken hier, steeds even stilvallend. Fragiel en
bijna pijnlijk nauwkeurig zet hij de klanken in, net voldoende om een abstract
schilderij van klank te maken. Want ja, Coluccino mag dan dichter zijn, de
vergelijking met abstracte schilderkunst dient zich ontegenzeggelijk ook op.
Tegelijkertijd klinken die abstracte klanken ook heel natuurlijk […] ‘Emblema
3’ is voor fluit en viool en klinkt daarmee nog kariger dan ‘Emblema 1’.
Ruisende, vaak tegen stilte aangrenzende klanken horen we hier. In ‘Emblema
4’,voor het strijktrio zit iets meer variatie in klank, met name door het
gebruik van pizzicato ter afwisseling van de strijkbewegingen. Dit deel heeft
daardoor een wat zoekend karakter. ‘Emblema
5′ voor klarinet, viool, cello en
piano’ is vooral bijzonder vanwege het
laatste instrument van de vier genoemde. Als enige van deze vier instrumenten
heeft de piano immers de nodige beperkingen als het aankomt op microtonaliteit,
een ander wezenskenmerk van deze muziek. Maar de combinatie werkt hier
wonderlijk goed en maakt dit deel tot één van de hoogtepunten van deze cyclus.
Door de combinatie van basfluit, basklarinet en cello is ‘Emblema 6’ opvallend
donker van toon, het zorgt voor een zeldzame muzikale spanning. En tot slot
vallen in ‘Emblema 7’ de klanken van fluit, klarinet, viool en cello het meest
samen tot een verglijdend klanklandschap. Je zweeft.
Muziek
dus waarin vrijwel niets gebeurt. Van ritme is geen sprake en ondanks dat er
soms wat aanzetten toe klinken ook niet van melodie. In het geval van Coluccino
vormt dat echter allerminst een probleem. Met deze zes ‘Emblema’ creëerde hij
een wonderlijke, intieme wereld van klank die door de leden van Ex Novo
Ensemble op prachtige wijze ten gehore wordt gebracht.
Ben Taffijn, Osvaldo Coluccino – Emblema,
in “Nieuwe Noten”, Amsterdam (Nederland), 4 mei 2019
Le
doigté et la délicatesse de l’interprétation de l’Ex Novo Ensemble, fondé en
1979 à Venise, transportent l’auditeur de cette suite chronologique de six
compositions aux couleurs graciles dans un monde intérieur où s’entrelacent
transformations émotionnelles subtiles et évocations cristallines. Osvaldo
Coluccino, guitariste classique et poète, écrit de la musique depuis l’âge de
seize ans. Pour cette monographie, où apparaissent et disparaissent les
instruments avec une douceur insolite, il forge l’originalité de son écriture
dans un contournement spécifique des conditions de composition, façonnant un
son tout en nuances et régulant le temps par une distribution chaste des pauses
et des silences. Pour préserver cette atmosphère toute en fluctuations
suspendues, le compositeur a préféré écarter Emblema 2, à l’instrumentarium
plus massif, privilégiant l’unité intimiste, sorte de filigrane en mouvement,
qui se dégage à l’écoute de ce ravissant petit disque.
Bernard
Vincken, Osvaldo Coluccino: Emblema, Ensemble
Ex Novo,
in
“Clic Musique!”, France, Octobre 2019
Prosegue con assoluta coerenza la ricerca di
Osvaldo Coluccino (1963) [...] La vaghezza nobilmente allusiva ma del tutto
aperta del titolo Emblema è coerente
con la poetica del compositore e l’importanza che ha in questi pezzi la
ellittica omissione, la antiretorica rinuncia a “dire tutto”, lasciando spazio
al partecipe ascolto e ai silenzi, alla sospensione. Ognuno degli organici
scelti è oggetto di indagine sul suono per evocare mondi poetici con sospese
suggestioni, arcane magie. Con scrittura prosciugata Coluccino definisce
oggetti sonori immersi nel silenzio, in uno spazio rarefatto. Ogni pezzo
presenta percorsi diversi, modi diversi di vivere un tempo sospeso, i vuoti e i
silenzi, una tensione all’assoluto. L’Ex Novo Ensemble [...] ha lavorato in
intensa collaborazione con il compositore, con esiti ammirevoli
Paolo Petazzi, Coluccino,
Emblema,
in “Classic Voice”, Milano (Italia), novembre 2019
in “Classic Voice”, Milano (Italia), novembre 2019
valutazione: 4 stelle
Emblema és un dels exemples més il·lustratius
de la relació ben conjugada entre compositor i intèrpret. [...] El compositor i
poeta italià Osvaldo Coluccino, és l’autor d’aquestes íntimes impressions de
frases breus i sons connectats pel silenci. [...] Les peces tenen una empremta
simbolista: es basa en una estructura construïda amb fotogrames on els
instruments apareixen i s’esvaeixen, els colors són tenebrosos i transporten
l’oient a un món sonor sorprenent de l’interior, un suggeriment que respon
immediatesa a la nostra ànima. Així ho explica Ettore Garzia a les notes del
disc.
Dit això, quan llegim l’escriptura de Coluccino
i escoltem la interpretació del conjunt instrumental venecià, l’Ex Novo
Ensemble, el que ens ha colpit, encara molt més, és la sensibilitat de l’autor
i la implicació dels instrumentistes que formen part d’una mateixa cadena de
comunicació. Les possibilitats d’expressió dels sons de la flauta, les
introductòries notes del clarinet baix, les coincidències sonores de la corda i
les aparicions puntuals del piano mostren el control sobre un relat que, per
mitjà d’un mecanisme infinitament complex, acaba oblidant la seva pròpia
fragilitat i incertesa.
Carme Miró, Emblema,
in
“Sonograma”, Barcelona (España), 29 gennaio 2020
About Stanze (2004-2011), Col legno, Wien 2012
[…] Ein Raum unterscheidet das Innen
vom Außen. Er grenzt den Ort einer nichtssagenden Geselligkeit ab von einem
Ort, den man als seinen eigenen empfindet und der allein bezeugen kann, wie wir
sind, wenn wir nicht für Andere da sind. Coluccinos Stanze greifen das
grundlegendste Element dieser Abgrenzung auf: die Stille, das Verstummen
jeglichen Hintergrundgeräusches, das die Suche nach den zartesten
Klangereignissen erst möglich macht. Die nach innen gekehrte, private Dimension
schließt jene einer Reise nicht aus – einer Reise, die nicht so sehr als
Aufbruch an einen bestimmten Ort oder aus einem bestimmten Grund, sondern als
Reise an sich zu verstehen ist. […] Auf seinem Weg versucht Coluccino durchaus
nicht, den Rhythmus dieser Reise zu verbergen, und nicht selten schreitet seine
Musik mit der Regelmäßigkeit von Schritten voran, wenn auch sehr langsam,
langsamer als die Frequenz, mit der man üblicherweise einen Fuß vor den anderen
setzt – vielleicht am ehesten vergleichbar mit einer sehr kontrollierten
Atmung, die mitunter hypnotischen Charakter annehmen kann. Die Atmung ist nicht
homogen, auch nicht innerhalb ein und derselben stanza: was auch immer an
diesem Ort geschieht, verändert den Schritt und den Atem. […]
Alfonso Alberti, Zu Befragung Räume, Einführung
in die CD
Osvaldo Coluccino Stanze, Col legno, Wien (Österreich), 2012
Seine Worte sind Klang und seine Musik spricht eine eigene Sprache: Osvaldo Coluccino – Die Reduktion auf das Wesentliche ist die Maxime des Italieners Osvaldo Coluccino, der spät zum Komponieren kam, nachdem er in der Literatur seinesHeimatlandes bereits einen bekannten Namen hatte.
Mit den zwölf »Stanze« von Osvaldo Coluccino führt uns Alfonso Alberti amKlavier ein Stück an der Hand auf dem Weg durch uns selbst. Es klingt wie zerbrochene Klaviermusik, wie im Raum zerstreute Töne und Klänge. Osvaldo Coluccino verwendet in seinen »Stanze« den Resonanzkörper des Klaviers, um die Räume in unserem Inneren zum Nachklingen zu bringen. Er baut die Fenster aus, entfernt den Prunk und konfrontiert uns mit Umgebungen, die in uns selbst liegen. Licht- und Größenverhältnisse ändern sich: Wir wandern im eigenen Tempo durch Räume, die wir bald als die unseren begreifen.
—, Ein Dichter als Komponist,
in “Harmonia Mundi Magazin”, II/ 2012, Eppelheim (Deutschland) 2012.
[…] Ein Filmtitel von Theo
Angelopoulos kommt unwillkürlich in den Sinn: „Der zögernde Schritt des
Storches“… Es ist, als beobachte der Hörer einen Meditierenden, ohne dessen
Gedanke zu erahnen. Die Bewegung seiner Augen, dessen Stirnrunzeln, die
gedankenverlorenen Gesten der Hände. Als versuche er nur über die sparsamen
Bewegungen des Denkenden, oder abstrakter, dessen sichtbar gewordenen
Denkbewegungen, an diesem unsichtbaren Vorgang teilzuhaben. Wir können uns aber
auch damit begnügen, die Veränderung des Lichteinfalls an den weiß gekalkten
Wänden, die Schatten der im Mauerwerk sichtbar gewordenen Risse und
Unebenheiten, oder den Flügelschlag eines Nachtfalters am Fensterglas zu
studieren. Wir haben es bei Coluccino mit einem Phonetiker zu tun, der nicht
erzählt, sondern mit Klängen Räume schafft, in die wir durch Luken und Fenster
Blicke werfen können. Das Geschenk dieser Musik [Stanze] ist es, die eigenen Gedanken in Fluss zu bringen, ohne sie
in vorgegeben Bahnen gelenkt zu bekommen. Zweifellos erfordert das Zeit. Genau
die Zeit, die es braucht, um in der Stille den Anfang der Erzählung wieder zu
finden. […]
Peter Kaiser, Räume, voll mit Stille,
in “LitGes – Literatur und
so weiter”, St. Polten (Österreich), März 2012
Also zerbricht der Spiegel,
weniger mit einem Klirren als mit einem Singen, und von nun an sieht und vor
allem hört man die zerbrochenen Teile in extremer Zeitlupe auf den Boden
fallen. Die Musik bleibt stehen – und geht trotzdem weiter. Die fragilen
Klaviertöne scheinen auf halben Weg zu ermüden, bäumen sich dann doch wieder
auf. Als nur angedeutete Soundsplitter, als Ahnung eines Bruchs, der die ganze
Zeit ohnehin längst geschehen ist. Willkommen in der Klangwelt von Osvaldo
Coluccino. »Stanze« oder der »geheime Hauch der Dinge« umfasst 12
fragmentarisch wirkende Klavierstücke, die in gewisser Weise auch den Raum, in
den hinein sie klingen, zum Thema haben. Einerseits erinnert das an den späten
John Cage oder an Luigi Nono, andererseits könnte es sich auch um den
Soundtrack zu einem Film von Michelangelo Antonioni handelt. Der Antonioni von
»L’eclisse« etwa. Monica Vitti läuft die Viale del Ciclismo entlang bis zur
Viale della Tecnica, dort wo das Wasserfass steht, im Hintergrund die Baustelle
mit den flatternden Abdeckungen. Die Kamera verliert den Kontakt zur
Protagonistin, fängt das zum Stillstand gekommene Leben der Vorstadt ein, die
Straßenlampen flackern im Nichts, plötzlich ist die Stadt, der ganze Planet wie
leergefegt. Weil der Mensch, so klingt das in »L’eclisse« durch, stets auch das
Unmenschliche produziert, die Abwesenheit von sich selbst. So endet auch der
Film, mit einer Abwesenheit. Und so klingen auch die Klavierstücke auf »Stanze«.
Als würden sie sich dem Hörer ständig entziehen, sich jedem wärmenden Gefühl
verweigern wollen. Leichtfüßig und
dennoch schwermütig bis zum Zerbrechen.
Curt Cuisine, Osvaldo
Coluccino, “Stanze”,
in “Skug – Journal für Musik”, Wien (Österreich), 1. April 2012
»Stanza« heißt nicht nur eine
Gedichtform, sondern – in vielen Bedeutungen – »Raum«. Der zwölfteilige,
zwischen 2004 und 2011 entstandene Zyklus von Osvaldo Coluccin (*1963) nimmt
auf dieses Feld Bezug. Die neutral durchnummerierten zwölf Stücke des Zyklus aus
isolierten Gesten, verstreuten Tönen und lange nachhallenden Klängen bemühen
sich um eine »Aufhebung der Zeit«, dauern entsprechend zwischen einer halben
Minute und einer Viertelstunde und fließen auf dieser teilweisen
Ersteinspielung doch wieder zusammen. Hochsensibel wird diese schwebende,
Kristalline Musik von Alfonso Alberti in der Schwebe gehalten, wobei sich der
im Booklet formulierte Eindruck einer »zerbrochenen Klaviermusk« immer wieder
aufhebt. Wer beim Hören eine adäquate Konzentration aufbringt, für den/die
fügen sich die Brüche doch wieder zu Linien zusammen, wird das Nebeneinander
zunächst fragmentarisch ercheinender Gestalten doch wieder zu einem
schillernden Kontinuum.
Daniel Ender, Osvaldo Coluccino, "Stanze",
in “ÖMZ” (Österreichische MusikZeitschrift), Wien (Österreich), Mai 2012
A breve distanza l’uno
dall’altro escono in Italia due Cd di prestigiose case tedesche dedicati a
Osvaldo Coluccino (1963): una bellissima occasione per conoscere un compositore
che, pur coltivando la musica dagli anni Settanta, ha firmato le sue opere
prime negli anni 1999-2001, e che fino al 2003 si è dedicato ad una intensa
attività letteraria. […] Il titolo Stanze
va inteso nel senso di luogo, il suono pianistico è fragile e immerso nel
silenzio: anche qui l’autore può parlare di «delicata, ieratica sospensione
atemporale». […]
Paolo Petazzi, Coluccino, “String Quartets” e “Stanze”,
in “Classic Voice”, Milano (Italia),
n. 161, ottobre 2012
valutazione: 5 stelle
valutazione: 5 stelle
Suoni che galleggiano nell’aria come
corpuscoli in una progressiva rarefazione che conduce quasi all’anticamera
della stanza anecoica. Il linguaggio pianistico di Osvaldo Coluccino si
inscrive in quella ormai grande tradizione novecentesca che ha indagato sui
limiti estremi dell’annullamento dei parametri agogici e dinamici […] Non indifferente
il passaggio verso una quiete interpretativa sempre più evidente nel procedere
verso le stanze superiori, quasi che si affacciasse la necessità di muovere
progressivamente verso una sempre più sostanziale trasparenza […]
Michele Coralli, Coluccino, “Stanze”,
in “Amadeus” Milano (Italia), gennaio 2013
valutazione: 5 stelle
valutazione: 5 stelle
[…] Ascoltando il disco [Stanze] in successione all’altro [String Quartets] è subito riconoscibile la bella ed elegante calligrafia proveniente dalla stessa mano. […] il disco appare come un percorso in vari luoghi dell’io, e narra con forza (non fisica ma spirituale) di un’interiorità frastornata dai dubbi e dalla curiosità, ma anche da una costante ricerca dell’assoluto. Entrambi i dischi, affiancati agli altri di cui abbiamo già scritto o che abbiamo solamente citato, vanno a completare la mappa intorno ad un autore estremamente sensibile […]
Mario Biserni, String Quartets // Stanze,
in “Sands-zine”, Italia, 10 aprile 2013
valutazione: poesia… senza parole
valutazione: poesia… senza parole
About String Quartets (2002-2008), Neos, München 2012
[…] A finales de 2010 cayó
en mis manos, no recuerdo como, un CD titulado Gemina, que contenía ocho composiciones de este compositor
italiano. El disco en cuestión acabó aupándose al sexto puesto de mi lista de
los mejores discos del año. […] en los primeros meses de este año se han
publicado simultáneamente tres CDs en tres magníficos sellos discográficos: String Quartets (Neos), Stanze (Col Legno) y Atto (Another Timbre). El disco [String Quartets] se abre con Attimo, un austero y magnífico string
quartet, muy feldmaniano y lleno de contrastes, sobre todo en su segunda parte.
[…] tres magníficos discos, muy diferentes entre si, pero que ponen de
manifiesto el enorme talento de este poeta y compositor italiano, que sospecho
nos va a dar muchas alegrías en los próximos años.
Javier Santafè, Osvaldo Coluccino (Y II),
in “Forgotten memories”,
Barbastro (España), 25 de marzo 2012
Schmökert man im schmalen
Booklet zu den »String Quartetts« des italienischen Komponisten Osvaldo
Coluccino, bestätigt sich, was die Biographie verrät. Coluccino komponierte
zwar bereits mit 16 Jahren, doch beschäftigte er sich und publizierte er lange
Jahre vor allem als Lyriker. Doch sowohl in der Sprache wie auch in der Musik
ist Coluccino ein Anhänger der Reduktion, der Verdichtung und Fokussierung.
Also heißt es etwa zu »eco immobile« (unbewegliches Echo): »Unsere Wahrnehmung
setzt ein mit dem Paradox des Titels: ein Echo, das die nur ihm eigene
Besonderheit negiert, jene nämlich, sich zu bewegen beziehungsweise sich zu
verlängern, zu vervielfachen, zu verlieren …« An anderer Stelle wiederum ist
vom mutmaßlich »sicheren Gefängnis des Kalküls« die Rede. Dieses Gefängnis aber
(so würde der Psychoanalytiker in uns folgern) ist weniger das Kalkül, als der
hier herrschende, unnachgiebige Wille zur Gestaltung, der Musik und Sprache
gleichermaßen wie einen Fels behandelt, aus dem man erst spröde das »Werk«
absprengen muss. Eine monolithische Hermetik stellt sich ein, ein weiteres Mal
diese Anwehungen von irritierenden Klang- und Harmoniefragmenten im Flur einer
leerstehenden Villa, die sich in die Kälte verirren. In der richtigen Stimmung
ist das »Luft von anderen Planeten« im besten Sinne, ein fast mystisches
Hörerlebnis. In der falschen Stimmung bleibt die Hörerin vor den Toren dieser
Klänge ausgesperrt, ist sie nicht eingelassen, mehr noch, ist sie keine
Eingeweihte. Fremde, schroffe Welten sind es, die hier erzittern … Und doch
auch (und das wäre noch zu thematisieren), schwebt der Geist von Luigi Nono in
stiller Zurückhaltung über diese Musik.
Curt Cuisine, Osvaldo
Coluccino, “String Quartets”,
in “Skug – Journal für Musik”, Wien (Österreich), 27. Juli 2012
[…] What does emerge in
any case from all this is the fact that Coluccino is a very earnest composer,
and this is certainly reflected in these works. From a sonic point of view they
all explore similar avenues, whatever forces are employed. Coluccino’s music is
gossamer, almost ephemeral, flickering in and out of existence like meaning in
a Deleuzean text. It is also very slow-moving, apt to slide into stasis or
short periods of silence. There is little contrast or differentiation even in
the two parts of Aion. In each work
Coluccino’s music seems to float like a creeping mist on a hilltop,
disorienting yet not frightening. Admirers of Luigi Nono should enjoy
themselves, if that is the right word, but others will need to work at their
listening to extract the intellectual secrets locked up in Coluccino's music.
[…]
Byzantion, Osvaldo
Coluccino, “String Quartets”, in
“Art Music Reviews”
and “MusicWeb International”, UK, September 2012
[…] in ogni pezzo si impone
la rigorosa coerenza della poetica di Coluccino. […] I mondi poetici evocati si
pongono sotto il segno di una visione densa di interrogativi e sospese
suggestioni, di arcane magie, di attese, aliena da percorsi prevedibili. Con
scrittura prosciugata, quasi perseguisse l’essenza del suono, Coluccino
definisce oggetti sonori immersi nel silenzio, in uno spazio rarefatto, statico
e misterioso in cui il movimento del quotidiano è sospeso. Nel CD del Quartetto
[…] ogni pezzo presenta percorsi diversi, modi diversi di vivere un tempo
sospeso, i vuoti e i silenzi, una tensione all’assoluto. […]
Paolo Petazzi, Coluccino, “String Quartets” e “Stanze”,
in “Classic Voice”, Milano (Italia),
n. 161, ottobre 2012
valutazione: 5 stelle
Silenzi che pesano, disegni
strumentali assorti in una trama in cui timbri rarefatti e senso sospeso del
tempo hanno una colorazione audace ma istantaneamente narrativa.
Angelo
Foletto, Osvaldo Coluccino, “String Quartets”,
in
“La Repubblica”, Italia,
4 novembre 2012
The string quartet works are characterized by a precise observance of subtle detail, observed, as it were, without regard to the element of time or duration. Thus, in Attimo, the work’s various sections explore combinations of suspended intervals, chord progressions and small phrases, held up for examination before evaporating. Aion goes further in its exploration of unquantified time; slowly mutating progressions of dissonant intervals distributed between the instruments form an unchanging landscape in the first section, while the second part presents little isolated events against a background of silence. Eco immmobile (“Motionless Echo”) shares the static quality of Aion, with motionless chords from the strings forming resonant halo around sculptural gestures from the piano. The duet Talea consists of ethereal threads of sound, with unorthodox bowing techniques used to create wavering, insubstantial sonorities which ultimately coalesce into a single unbroken line. Quartetto d’Archi del Teatro La Fenice, Achille Gallo (piano).
—, Osvaldo Coluccino, String quartets,
in “Records International”, Tucson (USA), 2012
One method of explaining our sense
perception is through a series of minute, stand-alone instances received by our
senses as quickly as they can handle them and cobbled together by our brain
into a seamlessy perceived world. Osvaldo Coluccino's Attimo aims to capture this philosophy musically in string
quartets. […] His fascination with time and our perception of it exists in each
piece on the program. The works [in String
Quartets] are delicate and create uneven sheens of sound; and they are
entirely motive based, unfolding events rather than thematic tours.
Kraig
Lamper, The Newest Music, in
“American Record Guide”,
Cincinnati,
Ohio (USA), January-February 2013
[…] Coluccino [in String Quartets] utilizza i suoni per
pennellare alla stregua di un pittore astratto, con la differenza che quanto
quest’ultimo distribuisce su una tela, in questi quartetti viene distribuito
nel tempo, e con ciò alle variazioni di colore e ai cambi d’intensità, oltre agli
intrecci e alle sovrapposizioni di questi colori, si aggiunge anche la durata
della loro persistenza. È come una pittura dinamica, quella di Coluccino […] String Quartets è contemporaneamente un
disco minimalista e massimalista. Minimalista nelle brevi frazioni di tempo, in
quanto non viene mai fatto il pieno sonoro, e i silenzi hanno un loro ruolo
essenziale, alla maniera di Cage e quant’altri. Massimalista perché nel loro
compiersi, difformemente dai piccoli frammenti, è possibile individuare in questi
quartetti una variabilità, per colori, soluzioni e strutture, impressionante, e
non v’è mai la tendenza ad un adagiamento sul talamo della ripetitività. […]
Mario Biserni, String Quartets // Stanze,
in “Sands-zine”, Italia, 10 aprile 2013
valutazione: poesia… senza parole
valutazione: poesia… senza parole
Der Italiener Osvaldo Coluccino war früher auch ein Dichter, heute
komponiert er ausschließlich. Er hat sich selbst gefunden. Er schreibt eine
Musik, die sich diskret, unüberhörbar aber meistens leise und gerade deshalb so
eindringlich aus dem Nichts erhebt. Fragmente bzw. Andeutungen einer einstigen
Fülle treten auf in prägnanter Kürze. In "Attimo" (Augenblick), einer
Musik für Streichquartett von 2007 sind Bezüge zur klassischen Moderne
unüberhörbar (Webern, der späte Nono), doch diese selbstbewusste, partiell sogar
narzisstische Kargheit, die sich im entscheidenden Moment zur Emphase bekennt,
ist eigen und unbeugsam, empfindsam und auf ihre Weise sogar ausgesprochen
konkret.
Reinhard Ermen, Oktober, in the book Monate II by Nora Schattaurer
and Reinhard Ermen, Kettler Verlag, Bönen (Deutschland),
2015
Italian composer and poet, Osvaldo
Coluccino (born 1963), has written two named works for string quartet. Aoin for String Quartet was composed in
2002 and is in two movements. […] Attimo
for String Quartet was composed in 2007 and is in one movement. […] Is this the
most avant-garde composer that I have discussed? I don’t know, but I would put
him up there with the previously discussed Elliot Carter’s First Quartet
(October, 2016) and Morton Feldman’s String Quartet II (May, 2016). His minimal
approach is nothing like the intensity of Carter, and, although I can hear
brief snippets of Feldman’s style, they are really quite different. These works
have a sense of abstraction all of their own. Only by listening to them, will
they reveal their secrets. There are two other pieces on the review CD. These
are Eco Immobile – for piano quartet
and Talea – for violin and cello.
These are both fine, introspective and abstract works in the Modern style of
the quartets. The former is actually quite busy at times. Listenability: Very
modern, but not noisy …
John
Hood, Osvaldo Coluccino – Aoin and Attimo for String Quartet,
in “String Quartets – A Most Intimate
Medium (A
Listener’s
Guide to the Genre from 1800)”, Perth
(Australia), June 7,
2017
Possibly the most feldmanian string quartets one could find. Style-wise they occupy very similar chambers: rarefied timbres persistently floating away, driving your unprepared sensations, always in anticipatory-mode, mad. Their relation to time is quite different however: the enduring nature of String Quartet No. 2 [by Feldman] eventually lets rationality take over, one starts wondering about the emerging entity they have in front. No really satisfactory answer can possibly arise and you are forced to let yourself be hypnotized by the great puzzle of the music. Attimo, Aion and Talea [by Coluccino] are not lasting enough to instill awe, not intense enough, compared to other famous modern quartets, to raise any visceral arousal, yet subtle enough and alluring enough to make one start wondering about the mystery of their existence. But while String Quartet No. 2, due to its slow but steady repetitiveness, is felt wholly present at every moment of its existence, Osvaldo Coluccino’s quartets slightly deviate in their paths and distinct themes can be perceived as discrete units of meaning, thus making the quartets more comparable to a work of poetry: full of allusions, suggestions and allegories. If Morton Feldman recall Finnegan’s Wake, then Osvaldo Coluccino disturbed Giuseppe Ungaretti, Eugenio Montale and Salvatore Quasimodo.
Ryoanji, in “Rate Your Music”, Seattle (USA), 5.4.2021
Rating: 5 stars
About Gemina (2002-2008), Due Punte, Italy 2010
[…] Gemina, un disco rigoroso che ben riflette il carattere del suo
autore. La musica è scarna e densa al tempo stesso, ricca di silenzi ma anche
di invenzioni e variazioni microtonali, e nasconde sotto il suo aspetto
apparentemente “dimesso” una forte attenzione e una forte tensione rivolte alla
sperimentazione. Appare soprattutto evidente come la sua arte compositiva non
indulga mai in dimostrazioni di bella scrittura per privilegiare sempre e
comunque la ricerca di soluzioni personali pregne di una forte
caratterizzazione espressionista […]
Mario Biserni, Gemina // Atto, in “Sands-zine”, Italia, 22 novembre 2012
valutazione: da acquistare in blocco
valutazione: da acquistare in blocco
[…] Those familiar with Coluccino’s “string quartets” – see review – will be well
prepared for this collection of chamber pieces. These short pieces for eight
different kinds of duos are not destined for the ears of those requiring their
music to have tunes in it, nor indeed for those unwilling or unable to apply
considerable concentration to their listening. The works, all dating from the
last decade, are each cut from similar cloth: they are concise, ethereal,
viscous and virtuosic. Their meditative, generally fragmentary nature renders
them also more or less inscrutable. […] these pieces are not totally
inaccessible, certainly not to anyone with a penchant for Webern, who may
recognise in Coluccino a distant but kindred cousin. […]
Byzantion, Osvaldo
Coluccino, “Gemina”, in “Art Music Reviews”
and “MusicWeb International”, UK, December 2012
About Voce d’orlo (2004-2008), RAI Trade, Roma 2009
[…] musicista e scrittore
alieno da concessioni semplificatorie, che non offrirebbero peraltro i mezzi
necessari a “comunicare” una visione densa di interrogativi e sospese
suggestioni, di arcane magie, aliena da percorsi rettilinei, incline alla
dissimulazione, a traiettorie laterali, indirette, devianti, alla «duttilità di
una linea perimetrale circumnavigante», alla «dolcezza di un filo che devia già
al suo scaturire» (come ha scritto il compositore a proposito di Voce d’orlo). In verità l’eleganza e la sottigliezza
di Coluccino sono perfettamente in grado di raggiungere l’ascoltatore capace di
una complice disponibilità all’ascolto. […] Non per caso Voce d’orlo è anche il titolo dato all’intero CD. Non si deve
cercare di spiegare in modo preciso la suggestione di questo titolo, destinata
a restare aperta; ma si è già ricordato
a che tipo di percorsi esso
alluda. Suggerisce inoltre l’idea di una esperienza liminare, di una tensione
al limite. […]
Paolo Petazzi, Introduzione al CD Osvaldo Coluccino Voce d’orlo,
RAI Trade, Roma-Milano (Italia) 2009
[…] [Voce d’orlo] una scelta
assolutamente unica, forte, di grande poesia […]
Francesca Odilia Bellino, in
“All About Jazz – Italia”, 21 giugno 2012
Artista che non pone limiti alla
propria creatività, Coluccino ha sempre perseguito un ideale di ricerca che si
è espresso in mille rivoli […]. Proprio in questa estrema varietà di temi e di
forme risiede probabilmente il senso profondo dell’opera di Coluccino, coerente
all’interno della molteplicità. Ecco dunque che un lavoro come Voce d’orlo,
assolutamente desueto per la cornice compositiva utilizzata, ossia la
formazione cameristica (flauto, clarinetto, violino, violoncello, piano),
utilizza la tradizione per enucleare una visione musicale che, si capirà, è
propedeutica alla più radicale ricerca elettroacustica operata dall’autore. Le
composizioni di Voce
d’orlo, pochi palpiti, pennellate zen di suoni acustici, non sono
inquadrabili in una sorta di evanescente animismo, ma piuttosto delineano tra
le brume un quadro di costante tensione, come se l’orizzonte si animasse
lentamente… Un lavoro di notevole spessore, capace di prendere le mosse ed
evincersi dalle forme della musica contemporanea così schematizzata.
Antonello Cresti, Osvaldo Coluccino,
in Solchi sperimentali – Italia, Crac
edizioni, 2015
ELECTROACOUSTIC MUSIC
About Absum (1999), Inexhaustible Editions, Ljubljana 2021
A man and composer of uncommon sensibility in an Italian scene depressingly founded on the terminal cancers of political alliances and rampant falsehood, Osvaldo Coluccino gets straight to the point when he talks about Absum, published some 22 years after its conception. “The premise is (…) the hope that the work, in its purity, speaks for itself and of something that concerns what goes beyond, making use of the artist (the human being) as a sounding board, but limiting his presence as much as possible – that is, his exhibitionism and virtuosity, his existential supremacy over the instances of art.” For context, please read the complete interview [on Inexhaustible Editions].
The Latin word “absum” is indeed the root of “absent.” Those accustomed to reasoning in terms of “maestro”, “conductor”, “harmonic laws” and what not might perceive a record like this as + anathema. Only the universe’s main component – the sound – is present in variously altered/processed forms. The one who turned it all on is, in this case, practically invisible, though we can distinctly feel his spirit behind the whole.
We ought to be grateful for these six movements, at once representing a valuable teaching and, in the opinion of this reviewer, a sizable sample of Coluccino’s finest artistry.
The following are personal sensations jotted down track by track, over a cycle of listening sessions. By definition, they are extremely limited as far as the capacity of attributing the correct connotations to such an intangible inwardness is concerned.
1) Trembling electronic frequencies, almost shy in their manifestation, yet rich in subsonics substantiating their effect on our perception.
2) My overall favorite part. The music breathes, touches deep inside, unravels between distant murmurs containing harmonic embryos and more vivid manifestations. Noisy apparitions immediately vanish in the dark, or transmit signals that cannot be decoded via normal analytical processes. Awesome ghostly resonances place the listener in a transcendent meeting of pasts never really identifiable. There are faint lights in the apparent decline of shapes. The instinctive attraction to them must be trusted.
3) Coluccino is here at his highest level of “galactically insightful”, so to speak. The slowing down of the vital pulsations broadens the inner visual field, at the same time subtracting a little anxiety from the set of reverberating auras. We’re aware of having now reached the centre of a psycho mnemonic cage, built by no one.
4) The concreteness, however seemingly ethereal, of the composer’s insufflations through unspecified objects and instruments adds a dramatic dimension of sudden awakening. In between, quasi-carillonesque cues and unexpected eruptions from nowhere, at times of metallic descent, create a sequence of psychoacoustic frames that conceal rather than reveal. Still, the truth is, to some extent, intuitable. The most profound “why?” should ideally remain unanswered, until the next stage of evolution.
5) Coluccino superimposes two violins, both played by him, with a magnetic tape of electroacoustic ectoplasms. The result is a kind of abstractionism that, nevertheless, possesses several figurative attributes. We detect the struggle of the ephemeral earthly vessel to stay afloat amidst a thousand doubts of diverse origin. The mind, potentially corruptible by stupidly esoteric formulas, finds itself facing what is wonderfully pure, which in turn would be described by the ignorant as “dangerous”. Or, at least, misleading. But this, like it or not, is the right path to follow.
6) We are not granted the commonplace of “well-deserved rest” at the end of the journey. The concluding movement is a reminder of what is harsh, uncomfortable, unclassifiable for one’s own convenience. More abrupt cuts, silences as long as a freeze-dried eternity, openings on interpretations of a vibratory future that won’t take into consideration the selfishly intellectual needs of mere human beings. For they continue to believe in fairy tales narrating an anthropocentric trip towards the demise of intelligence.
Massimo Ricci, Osvaldo Coluccino – Absum,
in “Touching Extremes”, Roma (Italia), May 31, 2021
Osvaldo Coluccino è un poeta e compositore che merita un’attenzione particolare. Se cerchiamo giustificazioni sull’utilità delle rappresentazioni nel campo dell’arte non possiamo fare a meno di andare alla ricerca di significativi indizi sul buon equilibrio delle nostre coscienze: la poetica di Coluccino scava proprio in quell’incavo di analisi, tipico del Novecento, che ha riflettuto a fondo sul valore dell’esistenza. Rapito dalle parole e dalla pittura di gente come Jacques Lacan o Francis Bacon, Coluccino ha costruito un proprio percorso nel momento in cui il mondo ha cominciato ad abbandonare la ricerca interiore e l’interrogazione dell’animo […]
La maturità di Coluccino si è da sempre espressa seguendo due binari, uno classico e strumentale, l’altro elettroacustico e climatico; quanto al primo, il compositore ha imposto una musica dal carattere solo a lui ascrivibile, ossia una rappresentazione dettagliata del “fioco”, qualità che su queste pagine ho avuto modo di descrivere tramite i suoi cds per Kairos soprattutto; quanto al secondo, Coluccino si è invece inventato un canale di ricerca e manipolazione dei suoni che è essenzialmente sforzo mentale sulla percezione. In entrambi i casi risalta un pensiero ben determinato, ciò che Coluccino ha definito «emissione sonora minima», ossia divaricazioni delle distanze dei suoni, dettagli e colorazioni sonore che cercano di andare oltre l’ascolto, di fornire subdola materia mentale ed immaginativa utile per carpire tensioni e concetti che non sono affatto visibili, perché si ottengono dalle vibrazioni di suoni o di versi. […] “absum”, parola latina a cui il compositore non dà certamente un significato univoco, quello della prassi comunicativa: non è solo assenza fisica o intellettuale quella di cui si tratta, ma è necessario anche porre significati conseguenti, come opposizione, differenza, inferiorità. C’è un evidente radice lacaniana in questo, soprattutto quando si pensa alla “presenza-assenza” del suo A Father, ma c’è anche un’estensione verso una muta concezione di elementi che hanno un proprio spazio d’azione: come nel concept di Oltreorme, Coluccino è alla caccia di quel mondo interiore sprigionato oltre le note o i suoni, allo stesso modo con cui un pittore cerca di fare attraverso un suo dipinto.
absum contiene registrazioni del 1999 in un ciclo di 6 episodi musicali, in un periodo particolarmente fecondo di creatività dell’autore sul versante dell’elettronica e della manipolazione, qualcosa che tutti gli appassionati di musica hanno avuto già modo di apprezzare splendidamente nei risultati di un cd per Die Schachtel dal titolo Dimensioni (composizioni scritte tra il 1997 e il 2007, dove Osvaldo ha probabilmente raggiunto il suo picco massimo). absum ha dentro le sensazioni di quel periodo, quando la progettualità si indirizzava con un infinito garbo e profondità di visuale a temi e sistemi già conosciuti nella storica elettronica italiana (Nono, Maderna, Berio, etc.), […] tuttavia le operazioni di Coluccino hanno un proprio stile, qualcosa che l’immaginazione dell’ascolto restituisce come un patchwork composito, con distillazione dei suoni, evidenziazione delle prospettive e delle dinamiche, con odissee semi-silenziose […] Le provvidenze tecniche di absum sono perfettamente descritte nelle note interne da Coluccino, che ci porta a conoscenza anche di una tesi di studenti del Conservatorio basata sulle 6 tracce […]
Il fatto è che absum dimostra non solo che Coluccino è un abilissimo manipolatore di suoni con un amore per la sapienza e le confutazioni dell’animo, ma anche che è necessaria una riflessione sull’elettronica odierna, costantemente alla ricerca di espansioni spesso aggressive o grossolane: forse invece di trovare “minacce” rappresentative dei tempi non sarebbe meglio andare alla ricerca di pazienti “risorse”?
Ettore Garzia, L’absum di Osvaldo Coluccino,
in “Percorsi Musicali, Italia, 20 agosto 2021
Materiali d’archivio risalenti al 1999, quindi vecchi di ben vent’anni, vedono oggi la luce del sole per merito del marchio sloveno Inexhaustible Editions. […] Trattamenti e sonorità elettroniche, oggetti da far risuonare soffiandoci (in Absum IV), due violini (in Absum V), questo è l’armamentario utilizzato nelle sei composizioni. L’autore spiega in un inciso che “absum” è un termine latino dai vari significati, tra i quali essere assente, essere liberi, essere estranei, essere diversi, essere inferiori, essere distanti (in caso di luogo)… I concetti di libertà, estraneità e diversità mi sembrano i più attinenti alla definizione di queste musiche un po’ aliene, a tratti oscure, colonna sonora perfettamente adattabile allo scenario di un pianeta deserto e inesplorato come a quello di un plesso industriale abbandonato. Suoni futuribili in grado di evocare stati d’angoscia. Chi già conosce l’universo sonoro di Coluccino lo ritroverà qui nei suoi aspetti più inquietamente visionari.
Mario Biserni, Absum, in “Sands-zine”, Italia, 21 ottobre 2021
valutazione: oldies but goldies
This is a very smart package from Inexhaustible Editions, with six tracks accompanied by liner notes from Osvaldo Coluccino. […] The pieces are born of manipulated ‘electronics, violin, [and] objects’ which are heavily processed to produce electronic tones and details - nothing someone versed in electroacoustics won’t have heard before, but still very engaging.
The album begins with ‘absum I’, a short track of creeping, bass heavy drones that move around the stereo field, shifting and breathing. ‘Absum II’ is more active but maintains a dark sense of dread, with detailed fragments of sound dancing over a bed of airy drones. The third piece - yes, its titled ‘absum III’ - pushes these drones further, into a distinct ghostliness, complete with disembodied voices. ‘Absum IV’ presents more movement and more energy, with a material quality that reminds me of some Parmegiani; whilst the eerie drones remain, they are backgrounded, and punctuated by kinetic jolts of sound and moments of silence. The fifth piece doesn’t evoke the same sense of tectonic upheaval that ‘absum IV’ does, but it’s still a more dynamic work compared to the opening of the album. Subtitled ‘(for two violins and magnetic tape)’, the violins are indeed prominent and recognisable elements, with Coluccino processing them into long spectral drones and modulating sounds. The final track, ‘absum VI’, is at points the most condensed, or cluttered, piece on the album, with rattling objects colliding before transforming into stop/start arrangements of warped processing and electronics. It’s an effective close to absum, summarising much of what has come before.
This is a good, solid album […]. Sections of the release, with its dark and ghostly drones, would please dark ambient fans; at other points, ‘absum VI’ for example, Coluccino presents more hardboiled work, but due to the engaging nature of the sounds the album can be easily enjoyed without knowledge of musical theory etc - this knowledge probably unlocks further dimensions of Absum but these ears aren’t that tutored. The whole album has a pleasing atmosphere that, whilst not overly dark or aggressive, is certainly not ‘light’ to my mind, and I think a lot of people into noise will find much to savour here.
Martin P, Osvaldo Coluccino - Absum [Inexhaustible Editions - 2021],
in “Musique Machine”, Petersfield (UK), December 4, 2021
rating: 4 stars
Absum is the March 1, 2021 release from Italian composer and poet, Osvaldo Coluccino. The album was recorded in 1999 with Coluccino utilizing electronics, violin, and “objects.”
This is composed electronic and electroacoustic music of low volumes and copious use of reverb and panning. Although, tracks four and five, “Absum IV (for blown objects and processing)” and “Absum V (for two violins and magnetic tape)” use acoustic source material as described in their titles, the treatment of the acoustic material is such that it is not always recognizable as acoustic in origin; it is most often processed and blended homogenously with electronic sounds.
This is subtle and detailed atmospheric music; some might even categorize it as ambient. Because of the low volumes, particular timbres, and use of panning as a significant compositional element, it is best enjoyed through headphones.
The album grows in complexity from “Absum I” to “Absum VI”. The first three tracks are barely audible, low-frequency fog-like textures emerging from, and evaporating into, silences; sounding like field recordings from a dystopian, digital future. Tracks four and five continue this ambience but at higher frequencies and more noticeable activity, or development, thanks in large part to the introduction of the acoustic material. The final track continues the Absum qualities of “not being there, being absent, being distant, being far away, being alien” but with a more tangible quality in the more complex timbres and the greater variety in activity/development.
This album is unusually organic and austere for composed electronic and electroacoustic music, where often there can be a focus on the technology, a twisting of the knobs, if you will, absent of a fully formed aesthetic. Here there is a concise sound world with an intense focus, requiring a similar attention from the listener. This isn’t driving music, or casual background music, this is listening music that requires effort to extract its abstract beauty.
Ron Coulter, Osvaldo Coluccino – Absum,
in “The Free Jazz Collective”, USA, March 5, 2022
rating: 3 and half stars
About Parallelo (2007-2009), Unfathomless, Bruxelles 2015
Si l’on n’a pas lu les brèves
informations inscrites sur la pochette du disque, on ne saurait dire vraiment
dans quelle contrée – quelles cavités, quels tunnels, quelles profondeurs –
Osvaldo Coluccino a pu aller ramasser ces preuves de vérité : échos, souffles
épais, grincements, rafales… Ni zone industrielle à l’abandon, ni hangar
désaffecté, mais un monastère italien du XVIIe siècle, évidemment en ruines.
Promesses de beaux fantômes à faire chanter […] et de débris à remuer que
Coluccino transforme en deux paysages fantastiques : deux parallèles sonores de
vingt-deux minutes et deux secondes chacun, immanquables.
Guillame Belhomme, Osvaldo Coluccino, Parallelo, Unfathomless
2015,
in “Le Son du Grisli”, Chantilly
(France), janvier 2016
Italian composer Osvaldo
Coluccino’s past releases have appeared on NEOS, Another Timbre, Col Legno, and
Die Schachtel, suggesting that he can operate in the same vein as a composer
like Wolfgang Rihm or cut closer to an electronic outsider like Catherine
Christer Hennix. On his Unfathomless debut he leans strongly in the electronic
direction, though he plays with composed harmonic textures too. Parallelo consists of two 22-minute
compositions recorded in and around a ruined 17th century monaster […] It’s hard to tell exactly how
Osvaldo achieved the final product, but the music consists of uncanny tones,
disembodied noises, and field recordings blended so as to confuse the senses.
There are tectonic wall-shaking drones, mechanical vibrations, sourceless
resonances, and snippets of more recognizable fare too: car traffic, running
water, busy thoroughfares. It’s all surprisingly spectral and melodic.
Everything is represented within a larger environment, however, and at
times it can be difficult to assess whether the sounds were played into and
simultaneously recorded within the space of the monastery (Alvin Lucier style)
or if they were generated from it. Some of the tiny harmonic fluctuations and
twisted effects must have required a computer or at least a few electronic
gadgets to achieve, but the skill with which Coluccino merges them into the
environment makes them far more unusual than they might otherwise be,
sequestered inside a studio or concert hall. It’s a layered and sometimes
ominous recording that finds unusual correspondences between structures and
environments both man-made and natural.
Lucas Schleicher, Osvaldo Coluccino – Parallelo CD
(Unfathomless),
in “Dusted Magazine”,
Chicago (USA), February 12, 2016
By analyzing Osvaldo Coluccino’s artistic path and recorded output, two
important things must be noted. The first is the variety of the acoustic
spectrum, ranging from the rigour of modern classicism to the relative
aleatoriness of soundscapes based on actions performed with unidentified
objects in equally mysterious environments. The second is his unique talent in
fusing instances of musique concrete in ambits where the juxtaposition and
processing of diverse studio-generated sonorities give birth to bottomless
psychological milieus. Parallelo should
ideally be placed in such a context, despite the music’s reluctance to accept a
true classification.
The record consists of two tracks of identical length and title, but
diverging in terms of succession of events and actual distribution of the sonic
substances. “Parallelo” is describable as a continuum comprising the multitudes
of blurred facets pertaining to an individual awareness emerging during the
daily existence, whereas “Parallelo 2” manifests its meanings via a sequence of
flashes with interspersed short silences, presenting the same type of sonority
from a fascinating “now-you-see-it-now-you-don’t” perspective, a slightly
different equalization delineating the reverberation of human activity a little
more vividly.
The initial half throws in an obscure semi-oneiric dimension, utilizing
frequencies that suggest a whispered hugeness in correspondence with relatively
recognizable echoes, some of them of urban derivation. It’s the sort of
soundscape filling a room with cavernous aural mementos even at a modest
volume: faraway vehicles, luminescent trajectories and unwelcome reminiscences
call your attention through a thick haze. A disfigured realism, if you will,
with several moments of unadulterated humming from an unspeakable underground.
The alternate version kneads the receptive systems with cyclical frames
of action, then quietness. In a way, it’s as if Coluccino wished to let the
audience guess the occurrences which will define each subsequent snapshot.
“Ordinary” turns into majestic vibration; “massive” is reduced to nothing in a
few instants. This constant change does not imply contradictions, as we configure
our being according to the (un)familiarity of what is heard. If anything, a
separation may emerge between the passiveness of a mere listener and the
willing participant submitting a piece of his/her soul to become a part of
those unreachable manifestations.
All we learned from the composer is that the inspiration for this
imposing opus came from an abandoned monastery destined to be demolished. I
fantasize him hypothesizing a symbolism for the ruins of mankind, for Coluccino
is well conscious that a decaying building can still offer a rich resonance
while most people are completely deprived of internal chambers. And strings,
for that matter.
Massimo Ricci, Osvaldo Coluccino – Parallelo,
in “Touching Extremes”, Roma (Italia),
February 29, 2016
Osvaldo Coluccino rotola nei pertugi e
attraverso le calche del panorama musicale italiano come una biglia bizzarra,
elegante, plastica e malleabile all’interno di una foresta morta e
pietrificata, composta da fossili ormai inamovibili e immodificabili.
In questi due dischi, usciti a breve distanza l’uno dall’altro, prosegue con qualche indice di variazione quell’indagine nel mondo dei suoni che avevamo già avuto modo di apprezzare nei suoi due CD pubblicati su Another Timbre (“Atto” del 2012 e “Oltreorme” del 2013). […] Il punto di contatto fra i quattro lavori sta nell’utilizzo, quale fonte sonora, di oggettistica comunemente destinata a scopi di diversa natura (e anche quando vengono utilizzati strumenti musicali tradizionalmente intesi come tali, quali il pianoforte in Differenza, le percussioni in Nell’attimo e il violino in Dimensioni, oppure quando si fa uso della voce umana, ancora in Dimensioni, viene fatto in modo non tradizionale e riconducibile quindi all’impianto generale dei due lavori). Gli indici di variazione, invece, riguardano soprattutto le elaborazioni elettroniche e di studio alle quali vengono sottoposte le registrazioni utilizzate in questi due dischi, laddove nei due CD su Another Timbre i suoni erano di tipo esclusivamente acustico.
In questi due dischi, usciti a breve distanza l’uno dall’altro, prosegue con qualche indice di variazione quell’indagine nel mondo dei suoni che avevamo già avuto modo di apprezzare nei suoi due CD pubblicati su Another Timbre (“Atto” del 2012 e “Oltreorme” del 2013). […] Il punto di contatto fra i quattro lavori sta nell’utilizzo, quale fonte sonora, di oggettistica comunemente destinata a scopi di diversa natura (e anche quando vengono utilizzati strumenti musicali tradizionalmente intesi come tali, quali il pianoforte in Differenza, le percussioni in Nell’attimo e il violino in Dimensioni, oppure quando si fa uso della voce umana, ancora in Dimensioni, viene fatto in modo non tradizionale e riconducibile quindi all’impianto generale dei due lavori). Gli indici di variazione, invece, riguardano soprattutto le elaborazioni elettroniche e di studio alle quali vengono sottoposte le registrazioni utilizzate in questi due dischi, laddove nei due CD su Another Timbre i suoni erano di tipo esclusivamente acustico.
Se l'incisione e la strutturazione dei brani
inclusi in “Dimensioni”, pur diversi per genesi e natura, rispondono al
classico modello di composizione elettroacustica, “Parallelo” è invece un
esempio simbolo di
registrazione ambientata (per la precisione fra le rovine di un monastero del
17° secolo) […]
Quello che più colpisce nella musica di
Coluccino è la cura riservata al dettaglio, in un gioco di precisione e di
incastri dove non esiste una pagliuzza che sia fuori posto; oppure, se
preferite, un'opera pittorica astratta dove non c'è neppure una pur piccola
pennellata tirata a caso.
[…] È come se [la sua musica] fluttuasse in un palcoscenico di perenne sospensione. Non so se Coluccino segua qualche disciplina religiosa in particolare, certo è che dalla sua musica trasuda un forte senso di spiritualità.
[…] Un altro aspetto rilevante sta nella
contraddizione, che ritengo positiva e creativa, fra l’azione tesa a fermare
l’attimo, e questo mi fa pensare sia alla frase pronunciata dal protagonista di
uno dei più bei libri di Heinrich Böll («Sono
un clown e faccio raccolta di attimi») sia all’improvvisazione più pura, e
il risultato di quell’azione che assume caratteristiche atemporali o che
rientrano in una dimensione onirica. Gli attimi irripetibili, che solo le
tecniche di registrazione riescono a cogliere nella loro essenzialità
(s)fuggente, in Coluccino finiscono con l’assumere una loro caratteristica che
trascende da quegli elementi solitamente indicativi delle caratteristiche appropriate
a definire una composizione musicale – fonti sonore utilizzate, luogo e data
delle registrazioni… – per trasferirsi in un loro spazio tanto tangibile quanto
inimmaginabile.
Devo dire che "Parallelo", visti gli oltre 20 minuti di durata dei due brani che contiene, ha più respiro e riesce così a imporsi all'ascoltatore in maniera più incisiva rispetto alle pur pregevoli composizioni incluse in "Dimensioni" (la cui estensione massima supera di poco i 14 minuti). Devo anche dire che "Parallelo" è stato pubblicato nel contesto di una fortunata collana che ha già ospitato numerosi artisti internazionali piuttosto noti.
Devo dire che "Parallelo", visti gli oltre 20 minuti di durata dei due brani che contiene, ha più respiro e riesce così a imporsi all'ascoltatore in maniera più incisiva rispetto alle pur pregevoli composizioni incluse in "Dimensioni" (la cui estensione massima supera di poco i 14 minuti). Devo anche dire che "Parallelo" è stato pubblicato nel contesto di una fortunata collana che ha già ospitato numerosi artisti internazionali piuttosto noti.
Questo mi sembra essere un elemento di rilievo
perché può portare acqua al mulino di un musicista che al momento, questa è
l’unica cosa certa e inoppugnabile, ha raccolto molto meno di quello che
dovrebbe in virtù dei suoi meriti.
Etero Genio, Dimensioni // Parallelo,
in “Sands-zine”, Italia, April 17,
2016
valutazione: quasi due ore di suoni ombrosi
valutazione: quasi due ore di suoni ombrosi
Osvaldo Coluccinoは、現代イタリアの作曲家、詩人である。
YO, music tropic 2:
Osvaldo Coluccino – Parallelo,
in “Anti optimized haunted processor”, Nagoya (Japan), February 25, 2020
About Dimensioni (1997-2007), Die Schachtel, Milano 2015
[…] Osvaldo Coluccino rappresenta un caso atipico nel nostro panorama
musicale contemporaneo. Compositore tra i più appartati in assoluto, poeta e
animalista convinto, Coluccino vanta una serie di poche composizioni, ma tutte
di alto livello, in particolare quelle riguardanti una rarefatta musica da
camera (che ha avuto l'onore di essere apprezzata persino da uno storico e
autorevole critico come Paolo Petazzi) e le sue ardite realizzazioni
elettroacustiche […]. Se "Neuma Q" era una sola e mastodontica opera
per suoni riprocessati, eseguita in prima assoluta nel 2006 al Festival di
Nuova Consonanza […], "Dimensioni" raccoglie nove eterogenee
composizioni elettroniche, ideate e realizzate in un decennio, dal 1997 al
2007. Questa antologia, proprio perché non focalizzata su un'unica opera,
riesce meglio della precedente a fare luce sul grande talento del compositore
piemontese, mettendone meglio in evidenza l'estro creativo e la poetica. […]
[Il brano] "Dimensioni" (1998-1999) è il vero capolavoro e forse il
vertice assoluto di tutta la produzione musicale di Coluccino: un afflato dal
sapore sinfonico si innesta gradualmente con un parlato colloquiale (di Jacques
Lacan, da una sua conferenza tenutasi nell'Ottobre 1972 all'Università di
Louvain) e una voce di bambina, sapientemente manipolati ad arte. Impossibile
non fare riferimento alla grande scuola elettroacustica italiana, che faceva
capo allo Studio di Fonologia della Rai di Milano della fine degli anni
Cinquanta, con Luciano Berio, Luigi Nono e Bruno Maderna (e con l'ausilio
fondamentale del tecnico del suono Marino Zuccheri) che lì concepirono i loro
massimi capolavori nel campo dell'elettronica e destinati a rivoluzionare il
mondo musicale contemporaneo. […] Cerebrale ma comunicativo, Osvaldo Coluccino
riesce a essere un autore personale e originale, laddove è stato già scritto e
detto praticamente tutto, anni addietro e da illustri compositori. Non è certo
questa una qualità da poco. […]
Leonardo Di Maio, Osvaldo Coluccino, Dimensioni,
in
“Ondarock”, Italia, 19.03.2015
valutazione: 7,5
[…] Nove tracce, poco più di
un’ora di suoni elettronici che avvolgono l’ascolto “raccontando” una storia in
cui lo spazio acustico si sagoma in continuazione: a seconda se l’attenzione di
chi ascolta segue la propria logica mnemonico-musicale – e quindi sovrappone
un’orizzontalità e una drammaturgia alla fastosa selva di sonorità elettroniche
– oppure si libera da sovrastrutture e bisogno di ordine analitico e dipana con
l’orecchio il filo emotivo e musicale che vi sta dietro. Coluccino non tende
trappole né bara (promettendo paradisi digitali) ma nemmeno agevola. Pretende
d’essere preso sul serio, e basta. E allora i quadri elettronici si chiariscono
da soli, come frutto di un’idea progettuale in cui sensazioni e suoni non
acustici non divergono, e si spiegano da soli.
Angelo Foletto, Un’ora di suoni elettronici,
in “Suonare
News”, Milano (Italia), maggio 2015
Unreal electro-acoustic magick from Italian composer Osvaldo Coluccino for Milan’s ever-trustworthy Die Schachtel label. Highly recommended for those who cherish peering into the abyss and holding its gaze […] Osvaldo Coluccino presents a collection of his early (1997-2007) electroacoustic pieces. From the dark drones of Dimensioni (interspersed with the treated voice of Jacques Lacan) to the treated percussions of Nell’attimo, to the acousmatic brilliance of Dal margine, this CD is a journey into the brilliant head and the complex soul of one of the most interesting Italian contemporary composers, whose music is always on the edge, stretched between a flight towards a distant and bright horizon and a dive into the darkest obscurity. […]
—, Osvaldo Coluccino, Dimensioni,
in “Boomkat”, Manchester (UK), May 2015
A burdensome existence; an uncomfortable quiescence; the unfathomable
complexity of correspondences that cannot be delineated by words. All of this,
and much more, can be depicted through sequences of sonic appearances by
someone living at the deepest levels of sentience. Osvaldo Coluccino’s work at
the margin of one’s psychological response to a given acoustic environment has
been carried on over a decade. Dimensioni is the brilliant outcome, a
collection of nine tracks exploring aural spaces and inner adjustments with
soberness and acumen. This disc needs your full mental and physical self; it is
not something that can be left in the background while performing mundane acts.
Sticking labels, or lamenting the absence of striking effects, would inevitably
unveil inadequate analysis. […] the bulk of this record is made of “scenes”;
some of them longer than others, a few of them only brief glimpses across the
various stages of interior connection. The sources, largely unidentified,
propose different paths towards a profound discernment; quite unusual, in the
age of slapdash esoteric cheapness. In that sense, nothing in any track has
really more importance than the rest of its components. As an example,
“Differenza” exploits and alters the characteristics of a piano; yet, the
piece’s success does not lie in the particularity of the instrument’s
treatment. It’s the reconditeness of the implication; the attempt to focus on a
systematically mutating wholeness, in turn conveying untold emotions – fears,
perhaps – desperately attempting to manifest themselves. […] Frequently
possessing a “blurred-at-the-edges” quality, Coluccino’s creations eschew the
kind of acousmatic hodgepodge that smiles and winks at green audiences. They
are defined by technical rigor […] an egoless gem that should be diffused in
any possible way.
Massimo Ricci, Osvaldo Coluccino –
“Dimensioni”,
in Touching Extremes, Roma (Italia), July 5, 2015
in Touching Extremes, Roma (Italia), July 5, 2015
この作家はこのレーベルから出発し、Another Timbreでも激シブ作品を出すなど徐々に活動が広がってきた。すべて抽象的な電子音楽で、長短ある9曲からなり、この若手作家シリーズでは珍しく終始抑制された高内容。しかもツボといえる部分を持っていて飽きさせない。表題作"Dimensioni"(tr.2)では女性の声がかすかに使われるなど、重鎮作家の片鱗も見せる。
—, Osvaldo Coluccino, Dimensioni,
in “Omega Point”, Tokyo (Japan), 2015
[…] Dimensioni rappresenta un’altra sfaccettatura nel suono prediletto
da Coluccino, ossia una immersione nei regni della sperimentazione
elettroacustica, presentando brani che sembrano fungere da possibile ponte tra
i capolavori riconosciuti in questo ambito di espressioni emersi negli anni
cinquanta, ed una nuova visione musicale che, più che far immaginare mondi accademici,
disegna punti di contatto con l’estetica dark ambient o altre forme di
isolazonismo elettronico. Considerazioni ex post di un ascoltatore insofferente
alle scuole ufficiali si penserà, ma a giudicare dal percorso di Coluccino
crediamo che molta di questa capacità di traversamento tra dimensioni non sia
affatto casuale…
Antonello Cresti, Osvaldo Coluccino,
in Solchi sperimentali – Italia, Crac
edizioni, 2015
About Neuma q (2006), Die Schachtel, Milano 2010
New in Die Schachtel’s Composers series,
Neuma Q is a collection of four works
by poet and composer Osvaldo Coluccino, a well-known name in experimental
electroacoustic music on the international festival circuit. Although the music
here is very much grounded in the more challenging and cerebral areas of
electronic music, Coluccino’s appropriation of relatively familiar elements
such as the drone, or processed spatial recordings mean the music here is never
too far away from a well established frame of reference. The first track opens
up in an erratic, fairly noisy fashion, channelling powerful low-end drones
along with scrappier, twitching interference-like sounds. The second piece is a
shorter and steadier affair, surfing across a sheet of washed-out, opaque
static over four immersive minutes of minimalist concrete sound. The third
entry stands out, taking on a more atomised character, exploring noisy sound
matter, smashed into particles. This composition is arguably the most academic
sounding entry here, taking on an almost Hecker-like level of diligent noise
exploration. Finally, the fourth and longest composition on the disc explores
the kind of enigmatic sonorities you’d hear from a Francisco Lopez recording -
you know it’s based on some sort of processing of field recorded sound, but the
level of abstraction means you’ll never be able to work out quite what it is
you’re listening to. Whatever it is, it manifests itself as a brooding, steely
slab of narrative-free, dark-ambient tonality, modulating and evolving in only
the most subtle and unhurried fashion.
—, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Boomkat”, Manchester (UK), April
2010
Osvaldo Coluccino è l’ultima felice
sorpresa del catalogo Die Schachtel […] [Neuma
q] è un bel sentire, che al di là dell’impronta elettroacustica, svela la
qualità immersiva della sua materia sonora, dentro un’elettronica pura che può
rimandare a certe frequenze droning di stampo cosmico tedesco. Viene in mente
il primo Klaus Schulze di Irrlicht
per intenderci, ma è ovvio che per derivazione ed impostazione lo spettro
sonoro di Coluccino è indubbiamente più rigoroso e non così facilmente
classificabile. Ammaliante comunque.
Gino Dal Soler, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Blow up”, Italia, maggio 2010
[…] Osvaldo Coluccino’s Neuma Q is an utter immersion into the purest electronic sound, exploring a broad spectrum of electroacoustic phenomena […] magically-constructed and sequenced in a way that preserves its intimate feel. The composer serves as a seismograph of both the inner and the outer world and the composition as a record of a momentary musical horizon that combines four pieces that defy any standard modern music evaluation criteria and explore new spaces of sound. […]
—, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Down Town”, New York (USA), Giune 2010
[…] œuvre électroacoustique en quatre mouvements, dans un style assez puriste et qui s’inspire de l’électroacoustique académique, sans pour autant devenir formaliste. Beau travail de textures, belle utilisation des infrabasses, mais surtout la composition crée (l’illusion d’)une trame narrative qui garde mon attention.
François Couture, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Monsieur Délire”, Marbleton (Canada), July 2010
[…] The Italian composer and electro-acoustician
speaks of non-space, a removal of the influence and/or suggestion of a physical
space or environment on sound. This results, for Coluccino, in a revealing of
the unheard and unnoticed, those sounds we fail to discern due to physiological
limits and inattentiveness brought to the fore. […] the sounds conjured in
Coluccino’s non-spaces being more powerful than the words used to describe them
[…] The first of Neuma Q’s four
untitled tracks is the album’s best. A 16-minute extraterrestrial walkabout,
the composition evokes the incidental acoustic inhabitants of outer space.
Scrambled satellite signals, celestial swirls, the mechanics of interstellar
craft float freely around ambient tones in an almost episodic form. Sounds pass
through the foreground of the track almost as if on display, sent past on a
conveyor belt, or released from behind a curtain in a choreographed series,
like models in a fashion show. Overlap occurs, but there’s little crowding, and
even less repetition. The (non-) space that the sounds inhabit is itself on
display, a suggested vacuum that’s as much an active character in the music as
the setting it negates. […]The disc’s second track is a four-minute milky way
as viewed from Earth, its gossamer gleam easily invisible at times to those who
don’t purposefully search it out. There’s a hidden power, however, in this
understated approach. Often, one may find Neuma
Q intermingling with the sounds of the listener’s own surroundings in
unexpected collaboration. Even with headphones on, there’s a bleed between
Coluccino’s creation and the droning traffic, hum of appliances, occasional
chatter and distant airplanes overhead. Intentional or not, this intermixing of
environments is perhaps Neuma Q’s
most effective negation of space, a subtle dissolving of the walls between the
output of the disc and that occurring outside of the window or in another room.
It’s an experience that isn’t constant, but can be bewitching when it occurs.
Adam Strhom, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Dusted Review”, New York (USA), July
23, 2010
Composée en
2006, Neuma q semble explorer
l'univers spatial et les voix perdues de satellites en détresse dans un large
spectre de phénomènes électroacoustiques et de drones infinis. Osvaldo
Coluccino est un compositeur et poète italien né en 1963.
—, Osvaldo Coluccino, Neuma q,
in “Metamkine”, Rives (France), July
23, 2010
[…] The other
three pieces are more linear in approach – building from start to finish,
around central themes of sound. It It doesn’t bounce up and down the scale,
seem to work from inside the sound itself. The best is saved until the end, the
fourth and longest piece of this quartet with sounds dying out beyond their
sustain, a carefully constructed building of the piece and a fine range of
acoustic sounds (flutes perhaps?). Quite a great CD altogether […]
Frans de Waard, in “Vital Weekly”,
Nijmegen, Nederland, September 2010
[…] These
electronic soundscapes suggest a spacey strain of ambient drift and gentle
drone, using a minimum of layering, which allows the rapidly evolving
squiggles, hums, high frequencies squelches and swoops. […]
Peter Margasak, in Global flutters
and Blasts,
in “DownBeat”, Elmhurst IL (USA),
December 2010
The poet and
electro-acoustic composer opens the album by lulling you into familiar
territory with drone elements, squitters and tone shifts for the opening track.
Far from being meditative, the formalized and structured track produces plenty
of movement and swerves on this largely dark album. The opener works as an
example of the elements that feature in the other tracks and which get explored
by those untitled tracks. The use of space is a big thing here. The drone
element is explored further with the brief second track giving a sense of
breadth and depth, pushing the walls out, creating more space for the context
within which the album is heard. So it's interesting when [the composer], for
the third track, uses small sounds in this big space. Cricks and squeaks flick
from here to there. The 18 minute grand finale reverts to the drone
element subtly shifting in tone and density across its length. Apparently it's
a processed field recording. […] what is interesting are the ideas and the
thought process that lays behind the end results. Sadly that's all to often the
case.
Hasni Malik, Osvaldo Coluccino – Neuma q,
in “Progress Report”,
Storrington (UK), Giune 23, 2011
[...] Eccoci in prossimità d’arrivo
con la “geometrica” Zeit Composers Series che dopo un inizio in sordina, da
intendere come poco appariscente, ha recentemente messo in fila sei bei tomi di
rigorosa compiutezza: Null di Luigi
Archetti, Neuma Q di Osvaldo
Coluccino, Rimandi e scoperte di
Angelo Petronella, On Debussy’s Piano
And… della coppia Thollem McDonas / Stefano Scodanibbio, Death By Water di Fabio Selvafiorita e
Valerio Tricoli e Joy Flashings di
Philip Corner e Manuel Zurria. [...] Anche con Angelo Petronella e Osvaldo
Coluccino si casca nel sicuro. [...] Anche Osvaldo Coluccino viene da lontano
[...] e ha all’attivo composizioni suonate da varie orchestre ed ensemble e
proposte in numerosi e importanti consessi. Il suo nome sembra avere un buon seguito
anche al di fuori dei confini nazionali, almeno così mi fa pensare la citazione
del suo nome da parte Simon Reynell di Another Timbre in una recente
intervista. La sua è una musica elettroacustica fluida e cosmica che ha la
profondità degli abissi marini e la spaziosità del cielo, mentre di entrambi,
mare e cielo, possiede la trasparenza. La perfetta colonna sonora per un
viaggio verso mondi lontani.
Etero Genio, Die Schachtel: della maggiore età,
in “Sands-zine”, Italia,
October 2011
Over the years, Die Schachtel has issued many fine electronic and
concrète releases by italian musicians, and here are three more […] Osvaldo
Coluccino is the youngest and his disc opens on a kind of pressurized
electronic morph that hits several spectrums in quick succession. […] Much of
the bulk of the disc, however, is an intricate study of the varieties of
electronic wind, especially the final track, “4”, a long tunnel of hum. Tiny
poppling bubbles, and squeaky, rusty bike-chain, growths percolate, yet it his
the powerful opening that situates you in the dramas that are to unfolds.
Andrew Choate, Osvaldo Coluccino – Neuma q,
in “Signal to Noise”, n. 60, Houston
(USA), December 2011
MUSIC FOR ACOUSTIC OBJECTS
About Oltreorme (2012), Another Timbre, Sheffield 2013
Osvaldo Coluccino's debut album on Another Timbre, Atto, was one of 2012's more pleasant surprises. Despite Coluccino's history of composing for conventional instruments — his release immediately preceding Atto was String Quartets (NEOS, 2012) — for the composition featured on Atto he opted to only employ (unspecified) acoustic objects which he struck, rubbed or blew into. […] Despite his use of non-instrumental sounds here [in Oltreorme], Coluccino demonstrates a composer's ear for the ingredients that combine to make dramatic listening – contrasts of volume, texture and duration, periods of stability or repetition are offset by occasional surprise elements thrown in (but no great shocks). Altogether, Oltreorme is as successful as Atto and the two together form a well-matched pair. There can be no higher recommendation than that.
John Eyles, Osvaldo Coluccino: Oltreorme (2013),
in “All About Jazz”, London (UK), April 19, 2013
in “All About Jazz”, London (UK), April 19, 2013
And then you get recordings like this one which seem so effortlessly beautiful… Solo, all “acoustic objects”, played in a loosely percussive manner, softly. Softer still if you follow Coluccino's suggestion and turn the volume low. […] Sounds enter into the room, disappear; depending on your listening acuity, you may forget the disc is on for a minute or two. When they surface, I bet they sound as natural as whatever else is going on wherever you are. Nothing forced, nothing overly stressed, a fine willingness to withhold; reticent but not shy. […] One of those recordings where it's tough to say much, worthless to describe but extremely enjoyable to experience. […]
Brian Olewnick, Osvaldo Coluccino – Oltreorme (Another Timbre),
in “Just Outside”, New Jersey (USA), April 19, 2013
[…] les sons ont tendance à être imperceptibles, ils passent comme des ombres fugitives qu’on peine souvent à percevoir. L’univers d’Oltreorme est instable, fantomatique et au-delà du réel. […] Une musique très ténue […] Tout est affaire d’écoute, d’attention et de perception. Une expérience vraiment originale basée sur des textures uniques. […] plus que difficile, Oltreorme est déroutant. A cause notamment de cette distinction qui s’efface entre l’univers musical abstrait et l’univers environnant concret. En plus de donner une vie musicale à des objets non-musicaux, Coluccino efface – de manière musicale – la distinction entre la projection sonore et son environnement concret […]
Julien Héraud, Osvaldo Coluccino – Oltreorme (Another Timbre, 2013),
in “Improv-sphere”, Nantes (France), 20 Avril 2013
[…] Coluccino seems interested to create a method for the loss of self-perception within a quiescent milieu of soft noises and brushed silences, as if willing to reaffirm the rigor of isolation as the basis for the development of our innermost capabilities in opposition to ego. […] Coluccino shows the weight of his conception – already surfacing in the previous Atto on this same label – through a clear, if wordless explanation that defies critical categorization. We ourselves are the sounds that we hear in a complex give-and-take mechanism of acceptance and/or denial; the reaction to this simple fact will determine our social (or less) attitude. […] genuine deep listening is not possible if solitude is diluted.
Massimo Ricci, Osvaldo Coluccino – Oltreorme,
in “Touching extremes”, Roma (Italia), April 28, 2013
in “Touching extremes”, Roma (Italia), April 28, 2013
[…] La musica di Atto è infatti molto fluida, i brani hanno in genere una forma parabolare e sono piuttosto compatti per densità e volumi. I brani di Oltreorme appaiono invece molto più rarefatti e ingegnati su volumi tenui […] Quello che va perso in fluidità viene però acquisito in dinamismo, con conseguente capacità di sorprendere l’ascoltatore, dal momento che sia i silenzi sia i volumi appena percettibili ben si adattano ai colpi di scena […] Le orme sembrano rappresentare il qui e il presente mentre l’oltre può essere un al di là dello spazio e dell’istante. Suoni attutiti dalla distanza e/o dal tempo, quindi, suoni da vivere come lacrime di memoria.
Etero Genio, Oltreorme,
in “Sands-zine”, Italia, 25 maggio 2013
valutazione: Il gemello dispettoso di "Atto”
valutazione: Il gemello dispettoso di "Atto”
Ha valaki feltenné a kérdést, hogy kit gondolok ma az egyik legizgalmasabb és legsokoldalúbb kortárs zeneszerzőnek, az olasz Osvaldo Coluccino neve inkább előbb, mint utóbb merülne fel. Egyszerre határtalan fantáziával rendelkező lángelme és alapos mesterember. […] Az Oltreorme annyiban a 2012-ben megjelentetett Atto vezérvonala mentén halad […] További fejvakarásra késztet, hogy amit korábban ütögetett vagy dörzsölt, azt most csupán simogatja; amibe belefújt, abba most csak belelehel. Puha és halk zene ez. Sőt, még annál is puhább, annál is halkabb. […] egy zen-feladványt állít elénk, aminek nem is a megoldása a lényeg, hanem az, hogy gondolkodjunk el azon, mi minden más külső tényezőt hallunk, amikor egy zeneszerző darabját hallgatjuk. […] ultrahalk zenéjével, illetve annak kísérőszövegével, izgalmas, elgondolkodtató alkotás. Abszolút mesteri.
Dusted Hoffman, Osvaldo Coluccino – Oltreorme,
in “Improv.hu”, Szeged (Magyarország), 2013 május 29
in “Improv.hu”, Szeged (Magyarország), 2013 május 29
[…] Silence is clearly a large part of Oltreorme […] but it’s punctuated most elegantly by sounds from acoustic objects, with no conventional musical instruments or processing involved. The title is an invented portmanteau of two Italian words which translates as ‘beyond footprints’ or ‘beyond traces’, reflecting Coluccino’s aim of capturing what he describes in an interview on Another Timbre’s website as “the breath of objects”: delicate, shortlived, mostly gestural sounds, arranged in clusters between the silences, with objects overlapping to highlight their sonic similarities and contrasts. […]
Abi Bliss, Osvaldo Coluccino – Oltreorme,
in “The Wire”, London (UK), Giune 2013
[…] Osvaldo Coluccino ne joue d’objets comme personne. D’ailleurs, il ne joue pas. Non, il examine, secoue, voit ce que ça donne, cherche, trouve ou ne trouve pas, creuse ou abandonne… J’aurais aimé dire aussi que nous ne devons pas chercher quel est l’objet, qu'il faut laisser faire l’imagination qui trotte et qui galope, le disque qui invite à l’imagination… Mais Atto n’est pas Oltreorme, dont le titre est un néologisme qui nous lance sur la piste d’ « outre-empreintes ». Plus que sur son prédécesseur, les objets questionnent le silence. Plus que sur son prédécesseur, Coluccino réinvente la musique concrète en la rendant élusive. Même dans le concret, il est important de se distinguer. Et Osvaldo Coluccino a su le faire.
Pierre Cécile, Osvaldo Coluccino – Oltreorme,
in “Le Son du Grisli”, Chantilly (France), juin 2013
in “Le Son du Grisli”, Chantilly (France), juin 2013
Osvaldo Coluccino è uno degli “sperimentatori sui margini del silenzio” più interessanti del panorama italiano e anche del catalogo Another Timbre. Se Reynell ha puntato su di lui c'è da credergli e da rimanerne incuriositi! Ha un’idea ed estetica del silenzio, a cui chiaramente ha dato il suo significato. Viaggia sul liminare, da tempo si incrina su composizioni sempre più materiche con oggetti acustici che diventano musica, spostando la linea di confine della sua ricerca un po' più in là, un po' più oltre. Oltreorme. Non è a caso il titolo. Dopo la dichiarazione d'intenti contenuta in Atto. Oltreorme è quasi impossibile da afferrare. Bisognerebbe vederlo realizzare, svilupparsi, concretizzarsi. E invece Coluccino lo lascia alla nostra immaginazione. All'abisso creato tra la distanza dei suoni informali e concreti che giungono all'orecchio e gli oggetti e le mani che li hanno creati. […].
Francesca Odilia Bellino, Osvaldo Coluccino: oltremusica, oltreorme, oltre…,
in “All About Jazz – Italia”, 8 luglio 2013
valutazione: 4 stelle
in “All About Jazz – Italia”, 8 luglio 2013
valutazione: 4 stelle
About Atto (2011), Another Timbre, Sheffield 2012
[…] Apart from how well it is done, what makes Atto so interesting is that its creator Osvaldo Coluccino is better known as the composer of more traditional instrumental and electroacoustic works, with past releases appearing on heavyweight contemporary music labels such as Col Legno and Neos. […] you can hear the acute painterly ear he has applied to the arrangements on Atto. The sounds used are mostly quite small; little squeaks, crashes and scrapes, some crunchily brittle, others colourfully tonal, and all recorded in a large resonant space but then distributed and sequenced with great care and a consistently sharp consideration of structure. Coluccino doesn’t just stack sounds up; nor does he ever let the music slide into any kind of drone. Instead he gives every sound the space to stand up for itself alongside its companions and allows them to build an often quite dramatic narrative that forms finely balanced compositions. […]
Richard Pinnell, Osvaldo Coluccino – Atto,
in “The Wire”, London (UK), April 2012
And so to the last of the four recent releases from Another Timbre (If you only counted four reviews here, I wrote about the Osvaldo Coluccino disc for the Wire). I say this every time I know, but this might again be my favourite batch of discs from AT yet, four beautiful discs each with a sense of real purpose. The label is firing on all cylinders right now. […]
Richard Pinnell, review to the CD Thread by Caddy, Krebs, Mayas,
in “The Watchful Ear”, (UK), April 1, 2012
[…] Its most immediate characteristic is a sense of space and tranquility. Coluccino has not overcrowded the soundscape nor allowed any sound to linger for too long; there are no prolonged drones or barrages of sound. On occasion, two sounds are heard in parallel, but throughout, each component of the piece can be heard clearly and savored. Coluccino was successful in producing sounds the source of which cannot be identified, thus keeping Atto fresh and cliché-free. The majority of them are covered by the term “small sounds”, which includes scrapings, rattlings, tappings and breathy tones. Most were clearly recorded in a resonant space; they resound in ways that others achieve electronically rather than physically, giving the music presence and immediacy. [...] It is music that will stand the test of time and be richly rewarding for years to come.
John Eyles, Osvaldo Coluccino: Atto (2012),
in “All about jazz”, London (UK), April 23, 2012
[…] ce n'est qu'un voyage à faire. Un souffle me pousse, un crissement m’indique une direction, un sifflement capte mon attention. Tout a l’air de se passer dans l’air, oui c’est bien des courants d’air que j’entends. Mais je pose trop de questions, et je ferme les yeux. Les objets de l’Italien me tournent maintenant autour, me voici encerclé, je garde les yeux fermés. Le tonnerre gronde, des roues tournent, des matériaux tintent sonnent grincent… Est-ce du polystyrène que l’on frotte sur mon parquet? Et l’imagination reprend le dessus. Un trou apparaît, Coluccino et ses objets s’y engouffrent et je suis le mouvement. Par la force des choses, par la force des objets. Il y a des disques qui, en plus de vous emporter, vous font imaginer des choses. C’est le cas d’Atto.
Héctor Cabrero, Osvaldo Coluccino – Atto,
in “Le Son du Grisli”, Chantilly (France), April 2012
in “Le Son du Grisli”, Chantilly (France), April 2012
[…] Des objets sont frottés, percutés, soufflés, crispés, malaxés, on ne sait pas vraiment comment ces textures sont produites, ni avec quoi. Mais on sait qu'il ne s'agit pas d'instruments, ce qui permet aussi à Coluccino d'éviter les clichés réductionnistes pour explorer de nouveaux territoires sonores et musicaux. Si les espaces sonores dessinés par ces objets sont indéniablement originaux et créatifs, il n'en reste pas moins que leur contemplation demande une disponibilité d'esprit entière (ainsi qu'une bonne hi-fi...), car la musique de Coluccino est subtile, minimale, souvent très calme et aérée, mais aussi difficile, parfois austère ou hermétique. […] L'exploration des matériaux en tant que possibilités sonores et musicales est extrêmement profonde, si profonde qu'elle peut en devenir vertigineuse et effrayante. Atto réclame vraiment une attention et une disponibilité totales, si entières qu'il m'a paru trop austère ou hermétique. Cependant, la richesse des textures et la créativité de ce manipulateur d'objets pourront certainement envouter […] à mon avis, et je pense tout de même que le voyage sonore proposé par Coluccino peut être assez puissant une fois que l'on se laisse prendre au jeu.
Julien Héraud, Osvaldo Coluccino – Atto (Another Timbre 2102),
in “Improv Sphere”, Nantes (France), 23 avril 2012
Antoine Beuger recently lamented the fact that so many interpretations of John Cage's music lack a basic sense of beauty and phrasing, an observation that came to mind as I listened to these four new releases from Another Timbre. Whether for large ensemble, trio, duo or solo player, and whatever the syntax employed in the music's construction, each is imbued with a sense of beauty that is often overwhelming. This [Atto] is some of the most elusive and enigmatic music I’ve heard in some time […] but its composer's ear for subtlety, ensures a timbrally pleasing and structurally diverse listening experience.
Marc Medwin, On Another Timbre,
in “Paris Transatlantic”, Paris (France), printemps 2012
[...] the introverted exploration of a rough palette that, upon repeated attempts, reveals surprising truths disguised amidst the relative normality of unprompted gestures. [...] the nonexistence of standard musical components – no harmony, no melody, no rhythm, at least in the conventional acceptation of these definitions – constitutes an incentive for fine-tuning our listening abilities through what appears as a collection of echoes from an historically neglected long-ago. Not composition, not improvisation: just snapshots of states of mind, translated into substantial clatter and gentler cracks in a charged silence.
Massimo Ricci, Osvaldo Coluccino – Atto,
in “Touching extremes” Roma (Italia), 9 aprile, 2012
Coluccino only uses objects, not instruments, to create his music. He is concerned about the sensation of creating sound, about the expressive act of it, about its impact beyond the known. On some tracks, the density is high and many things happen all at once. On most other tracks silence offers the foundation for the objects to hear themselves.
Stef, Osvaldo Coluccino – Atto (Another Timbre 2102),
in “Free Jazz”, Belgique, April 30, 2012
in “Free Jazz”, Belgique, April 30, 2012
Osvaldo Coluccino joue des objets acoustiques en plastique, bois ou métal qu'il frotte, souffle, écrase, froisse, frappe pour en obtenir une palette sonore inouïe. Entre Cartridge Music de John Cage, l'écoute d'un paysage sonore ou une musique concrète inédite, un travail à rapprocher également de ceux de Lee Patterson ou Olivier Toulemonde. Réellement surprenant!
—, Osvaldo Coluccino, Atto,
in “Metamkine”, Rives (France), 2012
以前に2010年ベスト30に『Gemina』を選んだイタリアの作曲家の新作は、楽器や電子操作を用いない、アコースティック・オブジェクツのみによる演奏となった。とは言え、カチカチ/サワサワ/チリチリ/‥‥といった所謂「物音系」とは程遠く、ほとばしり、叩きつけ、粉々に砕け散り、散り散りになって空に舞い、滔々と流れ出す千変万化のアコースティックな流動と空間のパースペクティヴ構成の絶え間ない変化がここにはある。カメラは一瞬たりとも立ち止まることなく動き続け、それにより差し込む光も刻一刻と変化し、眼の前で立ち起こっている巨大な何かが、一望の下にはとらえきれず視界から溢れ出す。にもかかわらず、全編は揺ぎ無い構築感で覆い尽くされている。音素材の質感/粒立ちの違い、空間の響きの手触りを保ちながら、集合的な速度/運動性を極限まで解き放つことにより、唐突に噴出/衝突/交錯/切断される圧倒的な奔流は、時にヤニス・クセナキスのアンサンブルを思わせる。
福島恵一 (Keiichi Fukushima),
in “耳の枠はずし”, Japan, April-June 2012
[…] Vannak előadók és kiadványok, amelyek annyira egyedülállóak, annyira megfoghatatlanok, hogy inkább csak lenyűgözve hallgatjuk a hangokat, elismerősen bólogatunk, csendben hümmögünk, de jobbnak látjuk, ha nem nyilatkozunk meg róluk. Nos, Coluccino és munkái is ilyenek. […] Coluccino zeneszerzői énjét eddig tehát tradicionális akusztikus hangszerek összeállítására írt darabok és fél-elektronikus munkák jellemezték. Ehhez képest a komponista csupán két tényezőt zárt ki teljesen az Atto komponálásnak folyamatából: a hangszereket és az elektronikát. De akkor mégis mi maradt? Kisebb-nagyobb, zenekészítéshez nem köthető akusztikus tárgyak hangjai, bármiféle elektronikus manipulálás nélkül. Ez persze manapság nem újdonság, mondhatnánk, hiszen tucatszámra jelennek meg hasonló elgondolással születő zenéket dokumentáló lemezek, a kivitelezés – az előadástól kezdve a rögzítésen keresztül egészen a szerkesztésig és keverésig – viszont kétségtelenül mesteri [... ] de a neszekből, zörejekből még következtetni sem lehet arra, hogy pontosan milyen tárgyat is hallunk. Anyaguk néha sejthető, fémcsövek, láncok, fahasábok, kartondobozok, de a lényeg semmiképp sem ez. Sokkal inkább az, hogy a zeneszerző hogyan szerkesztette egy öttételes, kerek kompozícióvá az apró hangok sokaságát. […] minden hang a legmegfelelőbb pillanatban szólal meg, érződik, a legkisebb pisszenésnek, koppanásnak is pontosan meghatározott helye van. Precíz, gondos munka. […] hangszerek, szólamok, harmóniák, ritmus és dallam szándékos mellőzésével kreált egy érvényes, sajátos esztétikájú zeneművet. […]
Dusted Hoffman, Osvaldo Coluccino – Atto,
in “Improv.hu”, Szeged (Magyarország), 2012 július 3
in “Improv.hu”, Szeged (Magyarország), 2012 július 3
[Atto] un disco che sembra iniziare laddove terminava Gemina. Si tratta infatti di un lavoro elettroacustico, realizzato dall’autore nella sua globalità (compositiva ed esecutiva), senza nessun tipo di strumento o manipolazione elettronica, ma unicamente attraverso l'utilizzo delle risonanze derivanti da una svariata quantità di oggetti acustici. Atto, dove la prima metà del titolo vuol essere un omaggio al marchio ospite (AT), è un disco profondamente “diverso” eppure molto “simile” a Gemina. In particolare la musica presenta le stesse caratteristiche di delicatezza e fragilità, contrapposta però a una machiavellica forza espressiva.
Etero Genio, Gemina // Atto,
in “Sands-zine”, Italia, 22 novembre 2012
valutazione: da acquistare in blocco
valutazione: da acquistare in blocco
[…] For one thing, this is not music by any sensible definition. Sound art, objet trouvé work, musique concrète: these are all labels that might apply to varying degrees – but not music. For another thing, only those fascinated by extreme compositional experimentalism – John Cage at his strangest, say – are going to find rewards in Osvaldo Coluccino's Atto. Like a true post-modernist, Coluccino will not be bothered by this. His previous recordings (of his “string quartets”, for example – see review) make absolutely no attempt to follow any populist route towards fame and fortune. […] Atto is an artwork: though there is no orthodox sense of structure or progression, that does not mean the noises are randomly thrown together. In fact, Coluccino has assembled his found sounds rigorously, to keep textures translucent and preserve a sense of spatiality. In a touch worthy of John Cage – an Another Timbre catalogue regular, by the way – background traffic is very faintly audible in some quiet passages. Audio quality is nonetheless excellent, as is to be expected: Coluccino recorded and then mixed the sounds himself. […]
Byzantion, Osvaldo Coluccino, “Atto”, in “Art Music Reviews”
and “MusicWeb Intarnational” (UK), December 2012
Atto […] il primo lavoro nel quale Coluccino abbandona completamente l'uso degli strumenti tradizionali. In Neuma Q (Die Schachtel, 2010) manteneva qualcosa, tra strumenti acustici ed elettonica. Qui la scelta è estrema? No. Si tratta piuttosto di un processo di depurazione. Un bisogno di concentrazione. Una forma di tensione. Atto appare come la scelta deliberata di un compositore di posare gli strumenti e usare il corpo, il braccio e la mente insieme, per fare musica. Meglio, anche i corpi, gli oggetti, quelli scelti da suonare e su cui comporre. L'inorganico suono informe e sporco per fare musica. […] un discorso continuo molto denso, sottile, liminare, al confine tra silenzio e rarefazione. Nondimeno ogni singolo atto ha il suo sviluppo interno. Fruscii, strofinii, rotture, incrinature, suoni sparpagliati e raccolti, lacerazioni oggettistiche, si alternano ad eleganti glissando, cluster di non-note, intervalli sospesi. Atto è pieno, non va in sottrazione, sperimenta e sonda le possibilità del fare musica concreta e materica. Una vera e propria composizione dove l'oggetto, cioè il mezzo per fare musica, è diventato quella cosa (materiale o non materiale) a cui è diretta l'azione e il pensiero. L'atto è il movimento, il gesto, il tempo, il cenno per esplicitare il processo e il sentimento.
Francesca Odilia Bellino, Osvaldo Coluccino: oltremusica, oltreorme, oltre…,
in “All About Jazz – Italia”, 8 luglio 2013
valutazione: 4 stelle